“Proserpine” di Silvia Colasanti al Festival dei 2Mondi di Spoleto
Dopo il successo riportato al Festival dei 2Mondi dello scorso anno con il Minotauro, la compositrice Silvia Colasanti continua il suo progetto per una trilogia dei miti, proponendoci quest’anno l’opera lirica “Proserpine”.
Al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti – il 30 giugno – è Giorgio Ferrara a condurre la regia di questa prima rappresentazione del dramma di Mary Shelley, con un cast quasi tutto al femminile, dove Ceres è interpretata da Sharon Carty, Proserpine da Dísella Lárusdóttir, Ino da Anna Patalong , Eunoe da Silvia Regazzo, Iris da Gaia Petrone, Arethusa da Katarzyna Otczyk e, infine, Ascalaphus da Lorenzo Grante; le musiche sono affidate all’Orchestra Giovanile Italiana diretta da Pierre Andre Valade.
Il mito di Proserpina, tra i più antichi della cultura occidentale, viene utilizzato per spiegare l’alternanza delle stagioni e racconta del rapimento di Proserpina per mano di Platone, che se ne invaghisce e la porta con sé negli inferi. Quando Cerere, madre di Proserpina e dea della fertilità, non trova più la figlia si dispera e fa inaridire la terra. Su intercessione di Giove, padre di Proserpina, la donna tornerà sulla terra con sua madre in primavera ed estate e starà con il suo sposo in inverno e in autunno. Questo mito divenne poi pretesto per molti scrittori per scandagliare la complessità dei sentimenti e per riflettere sul rapporto madre figlia.
Da questo punto di vista, è forse la scrittrice Mary Shelley a sentire maggiormente il mito di Proserpina, infatti lei non conobbe mai sua madre (Mary Wolstonecraft, prima femminista inglese morta quando Mary aveva 11 giorni) e perse tre dei quattro figli avuti con Percy Bysshe Shelley. Nonostante questo rapporto tormentato con la maternità, nel testo Mary Shelley esprime una rassegnazione positiva rispetto al rapimento, vale a dire una saggezza dovuta all’accettazione della ciclicità della natura, intesa come alternanza di luce e ombra, di nascita e morte. Ed è proprio da questo aspetto cosi originale che la Colasanti è rimasta colpita, fino a volerlo riprodurre poi musicalmente. La compositrice pone infatti l’accento sull’intensità dei personaggi femminili e sul cambiamento che questi affrontano; cosi Proserpina da adolescente leggera si trasforma in una donna consapevole e Cerere passa dalla rabbia, al dolore e alla disperazione. L’addio finale, al quale si uniscono tutte le compagne, testimonia la maturità di Proserpina e la presa d’atto dell’ineluttabilità della crescita e della distruzione.
Michela Bruschini