“Prigionieri” – La testimonianza di Valerio Bispuri
Questo volume è il secondo capitolo dell’esperienza fotografica di Valerio Bispuri, che avevamo già visto – con Encerrados – all’interno delle strutture carcerarie sudamericane. “Prigionieri” (Contrasto, pp. 176, euro 19), invece, ci riguarda più da vicino perché le carceri in questione sono qui: dieci carceri italiane – dove sono rinchiusi affiliati camorristi e mafiosi – tra cui l’Ucciardone a Palermo e il Poggioreale di Napoli, l’Isili in Sardegna e ancora i carceri femminili, come l’antico monastero di Venezia, San Vittore a Milano e Rebibbia a Roma e ancora strutture nuove, come il carcere di “Capanne” a Perugia e piccoli istituti come a Sant’Angelo dei Lombardi.
“Sono stato in piccole dimensioni carcerarie e in enormi istituti penitenziari”
L’esperienza di Valerio Bispuri non ha limiti. È stato a stretto contatto con i detenuti per tre anni, visitando ogni tipo di realtà: a pranzo, a parlare nelle loro celle, a contatto con la loro solitudine sconfinata. In questi luoghi – dove ci si ritrova per giustizia o per sbaglio – i suoni, i rumori e gli odori sono sempre gli stessi. E tutto gira intorno alla prima cosa che un individuo perde appena entra in una prigione: la libertà. Cosa prova un uomo quando perde la libertà? Quali cambiamenti subisce emotivamente e nella sua quotidianità? Cosa significa solitudine di massa?
Il fotografo romano, classe ‘71, prova a mostrarcelo attraverso 130 scatti in bianco e nero che diventano un vero e proprio lavoro antropologico, una testimonianza reale che rispecchia chi siamo e quello che è, oggi il nostro Paese. Oltre alla solitudine, alla routine e ai divisori di vetro e le sbarre, Bispuri ci mette di fronte a un diverso tipo di umanità che raccoglie gesti di solidarietà, amore, comprensione e soprattutto tolleranza che non ci aspettiamo dai detenuti, che hanno accolto questo progetto fotografico con entusiasmo ed emozione, perché li ha allontanati dalla realtà di quel non-luogo che sono le carceri e ha permesso loro di uscirne, grazie a questo progetto, e a farsi conoscere, mostrando i loro sorrisi, le parole sui loro corpi e i loro volti anche fuori, in libertà.
Le fotografie di questo volume sono accompgnate dalle parole di Edoardo Albinati, insegnante nel penitenziario di Rebibbia, Stefano Anastasia e dello stesso autore.
Marianna Zito