“Prigioni” di Vincenzo Pirrotta: Sei storie per raccontare la violenza del nostro tempo
In scena al Teatro San Ferdinando di Napoli dal 16 al 26 gennaio 2025.
Con “Prigioni”, Vincenzo Pirrotta porta in scena l’esplorazione di gabbie interiori e sociali in cui gli esseri umani si trovano imprigionati. Prodotto dal Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, lo spettacolo si sviluppa attraverso sei monologhi, ognuno rappresentante una storia di dolore, alienazione e speranza soffocata, un filo conduttore che attraversa il tessuto umano e drammaturgico dell’opera.
In apertura compaiono gli interpreti avvolti in lenzuola bianche e maschere, nascondono i loro volti, richiamano il coro greco (segno delle radici classiche di Pirrotta). D’improvviso scendono corde dall’alto, pendono come ragnatele, ambiguo segno di fuga dalle prigioni o di tentazione di un gesto fatale. Si muovono lenti gli attori, con incedere cadenzato, interagiscono poco tra loro, accentuano un senso di alienazione e isolamento.
Sei narrazioni si susseguono, sono confessioni dolorose, testimonianze di vite spezzate. Si passa dall’angoscia di una giovane narcolettica (Manuela Ventura) tormentata dalle sue allucinazioni ipnagogiche, al dramma di una prigioniera (Anna Bocchino) condannata per la sua fede religiosa, che descrive i pericoli e le sofferenze della reclusione nel container, umido e soffocante, dove troppe donne sono stipate. Sono i molti punti di vista della mancanza di integrazione sociale, di inadeguatezza, di violenza gratuita e incontrollabile. C’è il fanatismo religioso, raccontato dallo stesso Pirrotta, in una vicenda tragica ispirata a un caso reale di cronaca nera in cui un uomo accecato dall’incubo della possessione del demonio annienta moglie e figli. Alcune sono reclusioni intenzionali, quella dell’hikikomori, interpretato da Nicola Conforto, blindato da anni nella propria stanza.
Le musiche originali, composte ed eseguite dal vivo da Serena Ganci, sono un elemento di punta dello spettacolo. Musicista e cantautrice palermitana di grande esperienza, Ganci è nota per la sua capacità di mescolare sonorità tradizionali con un linguaggio musicale contemporaneo: strumenti acustici come pianoforte e tamburi si alternano a loop station e sintetizzatori, creando un paesaggio sonoro che oscilla tra il sacro e il moderno. La musica diventa una voce narrante del dramma, si inserisce come una drammaturgia parallela a sostegno dei passaggi emotivi, come un coro greco a sottolineare momenti catartici.
“Prigioni” è uno specchio crudo e spietato della società in cui viviamo. Le storie narrate, ispirate a fatti realmente accaduti, sono un grido d’allarme contro le violenze perpetrate tanto dagli individui quanto dai meccanismi di potere, mettendo in luce tutta la brutalità della realtà. Dai crimini dettati dal fanatismo religioso alle gabbie dell’alienazione sociale, alla repressione che soffoca la libertà di credo. La regia di Pirrotta guida lo spettatore attraverso un viaggio nei labirinti della mente e della società, mostrando non solo la disperazione di chi vive queste prigioni, ma anche i pericoli invisibili a cui siamo tutti esposti. È un’opera che non cerca di offrire risposte semplici o consolatorie: forse riconoscere le gabbie che ci imprigionano è il primo passo per cercare di spezzarle.ù
Brigida Orria
Fotografia di Ivan Nocera