“Post Porno” di Valentina Aka Fluida Wolf
L’agile libretto dell’attivista Valentina aka Fluida Wolf, “Post Porno. Corpi liberi di sperimentare per sovvertire gli immaginari sessuali” (Eris Edizioni, 2020, pp. 64, euro 6) tenta, con successo, di illuminare sulla possibilità di un’altra concezione della pornografia, fuori dalla major del settore, fuori dall’odierno mercato dell’industria cinematografica per adulti (ma senza confondersi con l’indie o l’amatoriale), scardinandone il meccanismo dell’immaginario dominante: maschilista, capitalista, patriarcale.
In poco meno di settanta pagine, Fluida Wolf ci racconta con semplicità come sia bastata l’apparizione in tv della pornostar francese Ovidie, che grazie al suo Porno Manifesto segnò, nei primi anni del duemila, la possibilità di un altro modo di fare porno. Se l’immaginario pornografico/erotico è sempre stato nelle mani e nella mente maschile, proporre un nuovo modo significa innanzitutto scontrarsi con le giuste istanze femministe; Valentina scrive come infatti “La questione della pornografia, insieme a quella della prostituzione, costituisce da sempre uno dei principali punti di non incontro tra alcuni femminismi. […] Non c’è quindi da stupirsi se alcune femministe iniziarono, negli anni ’80, a prendere parola e protestare apertamente contro l’industria.” Proprio dagli Stati Uniti, però nacque una reazione, grazie a pornostar/attiviste/artiste come Annie Sprinkle, che nel 1990 propose un suo spettacolo proprio dal titolo Post Porn Modernist, secondo una definizione coniata per l’occasione dall’artista olandese Wink van Kempen.
“Il Postporno si presenta come fenomeno fluido, che sfugge a categorizzazioni e definizioni univo-che, e non vuole presentarsi come “movimento”.
Ciò che la postpornografia tenta di smascherare sono quei codici convenzionali, come detto maschilisti, razzisti, abilisti (nel senso della discriminazione degli individui con con disabilità), fornendo la dignità sessuale agli esclusi.
“Sono l* stess* protagonist*che scelgono di definire il loro attivismo “postporno”, partendo da se stess*, narrandosi dall’interno, raccontando il proprio corpo e i propri desideri”.
La tesi sostenuta dal post porno è dunque quella per cui ogni corpo può e deve essere in grado di provare piacere, di dare dignità e diritto a immaginari estranei dalla massificazione delle industrie che gestiscono a livello mondiale la propagazione simbolica e semiotica del piacere.
L’autrice, oltre ad analizzare lo scontro e l’incontro tra femminismo e pornografia fallocentrica, ci guida, da militante, nelle possibilità che abbiamo noi in quanto fruitori nel riconoscere, rifiutare e ricercare/ricreare un immaginario imposto da substrati autoritari. La postpornografia, fruibile paradossalmente con difficoltà in Rete e protagonista di alcuni piccoli e già importanti festival cinematografici europei, è una pornografia sperimentale, autoprodotta, etica, attenta ai corretti compensi lavorativi e libera dalle sequenze meccaniche tipiche.
“Il fine del Postporno non è necessariamente l’eccitazione di chi guarda ma la rappresentazione di corpi, pratiche, immaginari e atmosfere.”
Giovanni Canadè