Polpette dall’effetto ciliegia, una tira l’altra!
“Polpette” (Del Vecchio Editore, Forme Brevi, pp. 237 pagine, euro 17) è la raccolta di storie brevi del parmigiano Jacopo Masini. Anzi, brevissime! Ma si può dire tanto in poco? Certo che si! Si chiama dono della sintesi e in questo caso anche della scrittura, insomma un bel talento.
Raccolte in 7 macro capitoli, queste storie possono avere una doppia lettura. Possiamo interpretarle come l’ironica analisi delle umane miserie. Oppure semplicemente come racconti super brevi, un po’ folli e impregnati di ironia. Quella dell’ironia (e siamo a tre) è una ripetizione consapevole e voluta perché elemento fondamentale di ognuna di queste piccole storie, o quasi. Piccole storie, dunque, che ci ricordano quel che piccolo non è.
Sono storie intelligenti: sicuramente ce ne vuole di intelligenza per saper tenere attaccato il lettore a un libro così bene. È l’effetto della parola usata bene, l’effetto ciliegia, una storia tira l’altra.
Sono storie paradossali, a volte impossibili, ma capaci di strappare un sorriso prima e un “eh magari!” poi. Una sorta di esercizi di stile alle Queneau in cui lo stile è quello di dire tutto in poche righe.
“Quando è morto hanno scoperto in un cassetto della sua scrivania un’enorme piantina che non corrispondeva a nulla, se non alla possibilità di un mondo costruito nei buchi di quello esistente. In mezzo a una piazza che non c’era, Aldo aveva disegnato il proprio autoritratto. Anche lui, però, non c’era più.”
Anche Masini costruisce tutto un mondo sui buchi di quello esistente, lo fa con le parole, e con una punta di sarcasmo. Ed è un mondo di “pozzibilità” come le chiama lui, a volte molto diverso da quello che conosciamo, in cui basta guardare un drago negli occhi per farlo sparire, ingoiare il buio per avere solo luce intorno e demonizzare i mostri è un gioco di parole. Un mondo anche un po’ al rovescio, in cui la vecchiaia è la vera eroina, i personaggi dei libri di testo possono saltare fuori e il lettore può entrare dentro un libro. E invece, proprio come nel mondo reale, si fa a gara col tempo, ma tanto vince sempre lui.
E non manca un tocco di poesia:
“Leone Bruschi diceva che lui e sua moglie erano come due falene: attratti dalla stessa luce, divisi da una lampadina.”
Laura Franchi