PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI – IL “GUARDAROBA” DI JEAN SAUTIÈRE
È come la immaginavo Jane Sautière, raffinata. Una donna mite accarezzata dalle esperienze passate, delicata ed elegante come gli abiti che indossa. Eppure, la diffidenza nell’approcciarmi al suo memoir non è mancata perché “Guardaroba”, edito da La Nuova Frontiera (2018, pp. 133, euro 15,50), di primo acchito sembra volerci trasportare nella frivolezza e nella moda. Invece, questo libro è uno scrigno di tesori passati, di ricordi e sensazioni che la stessa autrice ci racconta in un momento intimo, durante la Colazione d’Autore di ieri mattina 8 dicembre, stessa giornata in cui il libro è presentato a “Più Libri Più Liberi”, con l’intervento attento e preciso di Veronica Raimo.
Colazione d’Autore con Jane Sautière – La Nuova Frontiera
L’autrice ci tiene a ricordare un pensiero africano, cioè che gli oggetti prendono sempre qualcosa di ciò che li circonda, diventando a loro volta portatori di quel “qualcosa”. Ciò che mettiamo sulla pelle acquista quindi un valore unico e non sempre solo per una questione pratica, ma perché protettore oramai di un’ essenza: l’espressione di noi stessi. È una donna vissuta in tre realtà Jane Sautière, dall’Iran alla Cambogia e, infine, Parigi. Esperienze diverse che hanno permesso all’autrice di allontanarsi dalla normalità del rapporto con i vestiti e di andare, con il passare degli anni, alla ricerca di abiti intrisi della storia di questi paesi, allontanandosi sempre più dall’abbigliamento della società industriale.
Le pagine raccontano sensazioni tattili, epidermiche, emotive che ci legano ai vestiti portandoci alla memoria il passato: un padre che si vestiva solo per coprirsi, i gioielli e l’eleganza delle madri e stoffe che mantengono le forme e gli odori di chi non c’è più ma che – lì dentro – vi ha abitato a lungo, creando su di noi un cambiamento, marcando la nostra identità e serbando il significato della nostra stessa nudità, vestita di cultura e tradizione e lontana anni luce da quella nudità caratterizzante i campi di concentramento.
Nell’analisi così aggraziata e dettagliata della Sautière, ho avuto paura di ricordare abiti, legati a momenti particolari, che non mi appartengono più perché non so che fine abbiano fatto o semplicemente perché sono cambiata e non riconoscono più le linee del mio corpo ma, al tempo stesso, ho cominciato a guardare le mie vesti attuali in modo differente, a prendermene cura affinché possano perdurare a lungo e chissà, conoscere tante altre storie dopo la mia.
Marianna Zito