“Pinocchio alla rovescia” di Rubem Alves
La scuola
Esiste un posto dove, dai tempi dei tempi, si dice si impari tutto. Sappiamo bene che questo posto del sapere per eccellenza è la scuola. Però Rubem Alves (1933-2014) – filosofo, storico, poeta, pedagogista e scrittore brasiliano – nel suo “Pinocchio alla rovescia” (Marietti 1820, pp. 48, euro 7), senza tanti fronzoli, ci pone di fronte a una situazione paradossale e provocatoria: la scuola è davvero quel luogo caldo e accogliente dove ci si può esprimere liberamente? E allora perché, a volte, i corridoi sembrano freddi e vuoti e ogni volta che sorge un dubbio il si prova imbarazzo a porre una domanda? Non sarà la scuola stessa, a volte, a trasformare i ragazzi? E, a questo punto, ci racconta la storia di un Pinocchio al contrario, quella di un bambino che diventa burattino perché deve adeguarsi alla normalità che gli è imposta da quelle metodologie educative che non includono l’ascolto.
La storia… al contrario
È il papà a raccontare a Felipe la storia, che tutti conosciamo, del famoso burattino, concludendo “bisogna andare a scuola per non diventare asini, per essere persone vere…”. Felipe allora va a scuola pieno di aspettative e speranze, ma si rende presto conto che la maestra non risponde a tutte le sue domande, perché deve seguire il famoso “programma”. Felipe allora comincia a vivere su due dimensioni, quella onirica che lo conduce verso i suoi desideri e verso ciò che per lui è vero; e la realtà, che nulla ha a che vedere con i suoi sogni. Quando la scuola lo etichetta come affetto da “disturbo dell’attenzione”, subito dopo la diagnosi, Felipe prende la decisione di omologarsi, smettendo così di sognare. È questo il momento in cui Felipe sceglie, probabilmente guidato dal suo senso di colpa e veicolato dai genitori. Sceglie di cambiare strada e di dirigersi verso un sistema omologato e precostituito, che gli farà dimenticare i suoi amici immaginari e fantastici per addentrarsi nel “programma” di studio, fino alla laurea e a una professione.
La “fiaba anticonvenzionale”
Ma Felipe ha fatto davvero ciò che desiderava adeguandosi a ciò che era il pensiero degli altri? Rubem Alves “crea una fiaba anticonvenzionale” scrive il curatore di questo libriccino Paolo Vittoria “in cui crolla la trama del confronto tra bene e male…”, in cui ci spiega le nostre possibilità di scelta, suggerendoci di crescere senza dimenticare i sogni del bambino che è dentro di noi.
Marianna Zito