“PER IL TUO BENE” AL TEATRO ARENA DEL SOLE DI BOLOGNA
“Per il tuo bene” in scena dal 22 gennaio al 3 febbraio al Teatro Arena del Sole di Bologna porta l’attenzione su un tema universale: l’amore e il disagio delle relazioni primarie. La piccola “sala interaction” del teatro Arena del Sole è lo spazio perfetto, così intimo e raccolto, per fare esperienza di questo spettacolo scritto e diretto da Pier Lorenzo Pisano, giovanissimo e pluripremiato drammaturgo napoletano che nel 2017, con questo testo, si aggiudica il Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli” dedicato agli autori under 30.
La luce si accende sul volto sfuocato di un figlio (Edoardo Sorgente), sembra quasi fuoriuscire da un’altra dimensione e poi appare sospesa dietro di lui, la madre (Laura Mazzi) come una presenza che, nel male e nel bene è costantemente con lui. Inizia un doppio monologo alternato, madre e figlio si rivolgono entrambi al pubblico come se non fossero nella stessa stanza e non potessero sentirsi. Raccontano pensieri, vortici emotivi, a volte anche gli stessi frammenti di vita, ma tutti dal loro personale punto di vista. Se il figlio è un essere inizialmente piccolissimo da stare dentro il palmo di una mano, la madre è una entità enorme onnipresente e a volte anche soffocante. Col tempo si dovrà imparare a lasciar crescere il primo accettando che andrà a vivere lontano e a ridimensionare quest’ultima, che diverrà la persona normale e fallibile che in realtà è sempre stata. A cambiare gli assetti di questo rapporto simbiotico si introduce sulla scena il fratello minore, interpretato da Alessandro Bay Rossi. Essendo anche io una secondogenita – che come fa notare bene questo personaggio sembra quasi una malattia – mi sono immedesimata molteplici volte con le sue battute divertenti e pungenti che descrivono molto bene questo posto difficile da occupare. Anche le nonne non potevano mancare in questo racconto, la paterna interpretata da un dispensatore di biglietti da 50€ ironicamente chiamata Nonnamat e quella materna interpretata sempre dalla camaleontica Laura Mazzi che, non solo riesce a portare sul palco contemporaneamente entrambi i personaggi, ma anche a incarnare il difficile rapporto madre-figlia, per il quale ci vorrebbe tutto un altro spettacolo. Non mancano poi personaggi più esterni al nucleo familiare originario come lo zio (Marco Cacciola) che si auto definisce un parente generico ed evanescente e la fidanzata (Marina Occhionero) del fratello minore che porta una ventata d’aria nuova in questo nucleo chiuso, del quale però teme che non farà mai parte. Unica figura assente è quella del padre, nominato più volte ma non rappresentato da un vero e proprio personaggio. Il figlio maggiore, dopo essere stato informato che il padre non sta bene torna in visita a casa ma alla incessante domanda “come sta papà” continua a non riceve risposta, ne riceverà un’altra che sarà ancora più terrorizzante. Il tavolo con una unica gamba sul palco rappresenta bene questa assenza paterna e la conseguente situazione familiare in bilico.
Il dialogo tra i personaggi è disfunzionale, come disfunzionali sono i rapporti familiari. La messa in scena di questi membri, che possiamo trovare in ogni famiglia, ci ricorda quanto sia difficile stare vicino alle persone a noi più care, affrontare le brutte notizie, la perdita, il distacco. Il ricatto emotivo e il senso di colpa la fanno da padrone e allora domande come: “hai mangiato” o “hai dormito” sembrano essere l’unica maniera di comunicare, mostrare affetto e la loro funzione è quella di riporta leggerezza, aiutandoci a sopravvivere a questa trappola/tesoro chiamato Famiglia in attesa che qualcuno capisca davvero come si fa a stare bene insieme.
Antonella Pizzolla