“Pazze di libertà” di Silvia Meconcelli
“Pazze di libertà” (Alter Ego Edizioni, collana Specchi, 2019, pp. 162, 14 euro) è un libro avvincente che si legge tutto d’un fiato e, a dirla tutta, in alcuni tratti il fiato lo toglie proprio. È il secondo romanzo scritto dalla grossetana Silvia Meconcelli che, in maniera cruda, ci fa conoscere un mondo apparentemente lontano, dove l’amore non basta a tener insieme due persone e non basta sognare la libertà per averla. È un mondo dove tutti combattono per i propri diritti, ma dove le donne devono battersi un po’ più.
La storia è semplice: Maria ama Lucio e lui ama lei, si desiderano, si cercano e si trovano. Solo che poi Maria si sveglia in un manicomio, sporca e senza capelli. Senza sapere perché è costretta a dividere il tempo e lo spazio con altre donne che non conosce e senza alcuna voglia di partorire in quel luogo il frutto del suo amore con Lucio. Maria, proveniente da una famiglia agiata e fascista, che di certo non può permettersi una figlia puttana né un nipote figlio di un comunista, si trova catapultata in un ospedale psichiatrico, tra il sudiciume e le urla di donne rinchiuse come lei e, come lei, giudicate pazze e inadatte alla società. Donne accusate di cosa poi? Carattere eversivo, rifiuto delle regole, contestatrici, disubbidienti all’autorità familiare, eccessiva indipendenza, sovvertitrici di regole. Donne che volevano emanciparsi insomma, che hanno provato ad alzare la testa e dire la loro ma lo hanno fatto in un contesto che le voleva zitte e impotenti.
La vicenda, raccontata a due voci – quella di Maria e quella della sua amata Tata Ines – si snoda sullo sfondo della seconda guerra mondiale, in una Grosseto violentata dagli orrori del fascismo a cui un gruppo di giovani, tra cui Lucio, tenta di resistere. Conosciamo attraverso queste pagine, la storia di Tata Ines, che con coraggio asseconderà la storia d’amore di Maria e Lucio anche se questo le costerà caro; e le storie di Flora, Iole e la Fata Turchina. Donne resilienti capaci di gesti unici, il cui esempio resterà nella nostra memoria per un bel pezzo. Donne che ci insegnano soprattutto a resistere perché, anche quando una guerra sembra finita, sanno che ce n’è un’altra ancora più dura da combattere. Quella contro i pregiudizi di chi ci vorrebbe pazze piuttosto che libere.
Sara Pizzale