“Paternità. Nuovi padri in bilico tra alleanze e complicità” a cura di Marina D’Amato
Il libro “Paternità. Nuovi padri in bilico tra alleanze e complicità” (Armando Editore, 2021, pp. 128, euro 12) è stato curato da Marina D’Amato, già professore ordinario di Sociologia presso l’Università degli Studi Roma Tre, attualmente professore straordinario presso l’Università Telematica San Raffaele. Insegna anche alla Sorbona René Descartes a Parigi, a Nanterre e Vincennes. Da riportare, ancora, la sua direzione dell’Osservatorio Nazionale dell’Infanzia e membro della Commissione UNESCO presso l’Ufficio Minori della Presidenza del Consiglio. Il tema che viene affrontato nel libro è di grande attualità e la curatrice si è avvalsa dell’intervento di emeriti conoscitori della materia.
La prima riflessione è della stessa Marina D’Amato che, nell’introduzione, inizia a porsi una serie di domande sulla nuova paternità che spingono a evidenziare, in linea generale, come vi sia stata una contaminazione dei generi e, inoltre, come l’autorevolezza genitoriale si raggiunga a stento. E quindi ci si chiede se i nuovi padri si stiano trasformando in madri e se, al contrario, siano dei compagni di gioco per i figli e anche loro complici.
Un’affermazione, tratta da Maurizio Quilici, considera come “la nuova generazione genitoriale abbia prevalentemente interrotto di trasmettere a quella successiva ciò che proveniva dal proprio passato”, privandola di quell’eredità umana che costituiva l’esperienza di vita delle persone. Certamente il decidere di avere dei figli è una scelta deliberata e volontaria di essere padri o madri. Il numero limitato di figli, secondo Chiara Saraceno, sarebbe legata proprio a questa assunzione di responsabilità. Quindi affettività e felicità rappresentano due dimensioni fondamentali della relazione tra padri e figli. Sono ovviamente delle aspettative asimmetriche in quanto il padre desidera un figlio felice e, allo stesso tempo, il figlio si aspetta di essere amato, anche oltre la maggiore età.
Nella realtà italiana, secondo la D’Amato, è presenta una cultura definita come “presentismo”, e il ruolo del padre nei modelli di socializzazione si sviluppa con il rifiuto della tradizione. Basta sfogliare le rubriche dei quotidiani, osservare la pubblicità, i social media e il risultato che si prospetta riguarda un eterno presente dove non servono regole e tabù. Ecco appunto la mancanza di una visione prospettica e di un progetto in cui il padre diventa una figura di riferimento. Un argomento correlato è la “valorizzazione della spontaneità, i sentimenti che prevalgono sulla ragione, l’istinto sulla logica, stanno trasformando sia i padri che i figli, infantilizzando i primi e adultizzando precocemente i secondi”. Infatti, anche la moda è definita dai giovani, influenzando i padri che finiscono per somigliare ai figli, e, allo stesso tempo, acquisiscono il loro l’immaginario insieme all’idea del mondo.
Come vengono descritti i padri da un gruppo di studenti? La caratteristica principale è la “dolcezza”. Nessuno ha indicato la fiducia, il rispetto, l’autorevolezza, il potere, la tenacia. Il significato è sicuramente la perdita di un ruolo autorevole insieme all’assenza dell’introiezione delle regole.
La struttura
Il libro “Paternità. Nuovi padri in bilico tra alleanze e complicità” è strutturato in due parti: la prima riguarda le Trasformazioni del ruolo paterno e la seconda le Nuove prassi di paternità. Infine, è presente anche una puntuale Bibliografia tematica di Maria Rita Varricchio.
Nella prima parte, con i contributi di vari autori, si parla di separazioni finite in maniera tragica (Maurizio Quilici), dove l’incapacità di affrontare il dolore dell’abbandono da parte della compagna si somma alla sofferenza per la lontananza dai figli. Sentenze varie si sono succedute per mantenere anche figli maggiorenni. L’ultima ribadisce che l’aiuto finanziario non aiuterebbe i giovani a spronarli al superamento di ostacoli nella vita, per i quali occorrono responsabilità e sacrifici. Certo il cammino dei padri è molto tortuoso, quando sono in presenza di denunce di abusi sessuali inesistenti, che consentono di escludere il padre dal rapporto con i figli. Accuse infamanti e distruttive, il cui risarcimento morale dura decenni.
Il ruolo paterno passa dal rifiuto del suo ruolo tradizionale (Nadio Delai). Interessante l’intervento di Aldo Moro in Parlamento nel 1968, in cui cerca di dare un orientamento positivo alle spinte al cambiamento, perciò “adeguando la direttiva politica e l’autorità dello Stato all’impulso di una società vibrante e inquieta nel vagheggiamento di alti ideali umani e di obiettivi di giustizia”. L’uccisione del padre non è stata elaborata attraverso la responsabilità a diventare padri con un nuovo ruolo. C’è stata una sorta di dimissione dal ruolo in chiave anti-autoritaria e anti-gerarchica. Tendono a sparire i limiti che i genitori dovrebbero porre ai figli che, a loro volta, i figli dovrebbero tentare di superare. Interessante è il pensiero di Massimo Recalcati che afferma come l’assenza di un fisiologico conflitto con genitori pure autorevoli conduce all’uccisione del desiderio dei figli, senza il quale non c’è futuro e neanche il riscatto dall’essere un adolescente ed entrare nell’età adulta.
Il libro è molto interessante e, sempre nella prima parte, troviamo il contributo della Simona Argentieri che affronta il rapporto dei padri con le figlie. Si tratta dei quei padri che curano fin dall’età precoce, in funzione materna. Ecco seguire un articolo di Anna Oliverio Ferraris che affronta il ruolo genitoriale lungo la linea che va dal pater familias per giungere alla divisione simmetrica dei compiti familiari, dettata non dal genere ma dall’occorrenza pratica. La Carmela Covato indirizza il suo interesse sull’accudimento di figlie e figli da parte dei padri nel settecento e nell’ottocento in Italia e in Europa. Le storie mostrano come un malinteso culto della maternità abbia messo in ombra “un’aspirazione maschile ad accedere a sfere affettive considerate esclusivo appannaggio delle cure materne”. L’ultimo articolo della prima parte è di Arnaldo Spallaci. Viene trattata la rappresentazione del ruolo paterno in Italia attraverso una ricerca quali-quantitativa.
Nella seconda parte Ritagrazia Ardone presenta le buone pratiche dell’IRMEF (Istituto di Ricerca e Formazione sulla Mediazione Familiare). La Mediazione familiare, infatti, è un intervento strutturato extragiudiziale, che è condotto da un mediatore familiare con carattere di terzietà, imparzialità e neutralità che si differenzia da altre figure presenti sulla scena del divorzio come l’Avvocato, la CTU, il Giudice, lo Psicoterapeuta. L’intervento si colloca nelle Alternative Dispute Resolution. È limitato nel tempo in quanto dura tra le 10 e le 12 sedute. Segue un intervento di Francesco Belletti in cui cerca di riscoprire il ruolo del padre. I nuovi padri stanno realizzando un rinnovato sforzo per l’aggiustamento del ruolo, attraverso la consapevolezza nel rapporto con i figli per un consolidamento del proprio Sé: “Voglio stare di più con mio figlio e meno al lavoro…”. Fabio Nestola affronta il tema della bigenitorialità e l’influenza sul ruolo paterno. Interessante la sua critica al termine mammo, che è una storpiatura dell’etimologia femminile e comporta una invasione di campo, come se l’avere un rapporto positivo con i figli dipendesse da una femminilizzazione del ruolo. Padre è un termine alto e nobile e non necessita di forzature etimologiche.
Negli ultimi quattro interventi vediamo come Annina Lubbock presenti il Giardino dei Padri, una rete di associazioni con l’obiettivo di contribuire ad accelerare i cambiamenti verso un nuovo modello di paternità. L’esperienza si rivolge a famiglie unite, separate, etero ed omogenitoriali. Marco Meliti si occupa di costruire un profilo del padre nei rapporti giurisprudenziali relativi al divorzio e all’affidamento, con una forte rivendicazione del proprio ruolo: “Non tutto dipende da come la madre rappresenta la figura paterna agli occhi dei propri figli, ma anche da come il padre riesce a porsi e a sintonizzarsi sui loro bisogni e sulle loro esigenze…”. Edmondo Grassi affronta il tema sull’uso di applicazioni digitali nell’affidamento genitoriale, semplificando la costruzione e la condivisione degli impegni o la possibilità di tener traccia delle azioni compiute. Infine Michela Donatelli studia l’evoluzione del concetto di paternità tra gli strumenti di classificazione della conoscenza. “Nel Thesaurus del nuovo Soggettario, strumento imprescindibile per la catalogazione semantica di una risorsa, il lemma “paternità” viene riferito sotto la categoria “processi” e nella nota d’ambito è possibile leggere che ci si riferisce “al rapporto di parentela che unisce il padre al figlio, inteso sia come rapporto giuridico che vincolo affettivo, biologico e sociale”.
Un libro, dunque, composito e pieno di spunti di analisi, di riflessione, di approfondimento e di innovazione.
Salvatore Sasso