“Past and Present”: il viaggio emozionale al pianoforte di Alessandro Martinelli – L’intervista
Il disco di debutto si chiama “Past and Present” (Memory Recordings / Believe Digital Distribution) e vedrà la luce il prossimo 26 febbraio. L’artista è Alessandro Martinelli, pianista e percussionista torinese, che inizia il suo percorso musicale come produttore nella scena techno e underground con lo pseudonimo Alex Mine. Nel 2008, a causa di un incidente stradale, Alessandro consolida il suo rapporto con il pianoforte e nel 2011 si avvicina all’elettronica. Il suo primo disco viene pubblicato come Alex Mine, ma è durante lo stop dato dalla pandemia che l’artista si trova faccia a faccia con il pianoforte, la sua ancora di salvezza. “Past and Prsent” è il flusso emotivo che ne è scaturito, composto da pianoforte e lievi cenni di elettronica.
“Past and Present” è il nuovo disco che uscirà il 26 febbraio, che unisce passato e presente: per questo ci sono due titoli, uno in stampatello e uno in corsivo?
Non esattamente. Ho pensato al doppio titolo per interagire a pieno con l’ascoltatore. Intendo dire: questa musica, essendo priva di testo, ha il potere di poter far fare all’ascoltatore il proprio viaggio emozionale, ed io volevo condividere il mio, specificando il percorso che ho fatto per partorire il brano, e trasmettere le sensazioni / emozioni che ho provato durante la lavorazione.
Su YouTube hai pubblicato la storia di “Past and Present”, dicendo che hai iniziato a comporre nel 2018 e che durante la pandemia hai registrato più di trenta brani, come hai effettuato la selezione di quelli che hai incluso nel disco?
Ogni brano ha il suo percorso. Alcuni non erano ancora pronti per vedere la luce. Ho bisogno di provare emozioni forti prima di poter reputare un brano finito, ricco e pronto. E con essi non le ho provate. Posso dire che i brani che sono rimasti fuori sono stati “ponti” che mi hanno consentito di muovermi tra gli altri. Transizioni che forse non godevano di una luce propria. Ma che mi sono serviti per arrivare a concepire quelli che poi ho deciso che uscissero.
Come mai hai scelto titoli in inglese?
Mi piace sapere che la mia musica possa arrivare in tutto il mondo. Se avessi usato l’italiano avrei avuto quel senso di staticità che non volevo provare. Avrei potuto sfruttarlo, perché è una lingua molto utilizzata ed apprezzata nell’arte, nella musica specialmente, se pensiamo che tutte le indicazioni sulle partiture sono in italiano e non vengono mai tradotte. Ma non avrei avuto quel senso di soddisfazione.
Nella copertina del disco si vede metà del tuo viso, hai gli occhi chiusi e un segno sulla guancia, che cosa indica?
Ho voluto dare anche qui spazio al pensiero del singolo individuo che osserva questa cover. Se da un lato può sembrare un trucco tribale che simboleggia la guerra, lo scontro, dall’altro può essere una lacrima che scende sul viso. Entrambi i significati comunque sono entrati a loro modo nell’album. Ho scritto per rabbia, in momenti in cui avrei voluto fare la guerra con qualcuno, per qualcosa, e ho pianto mentre suonavo perché stavo sentendo che ciò che stavo scrivendo era esattamente la corretta rappresentazione dei miei sentimenti.
La composizione e registrazione di “Past and Present” che effetto ha avuto su di te? Cosa senti quando lo riascolti tutto d’un fiato?
“Past And Present” sono io. Sento di appartenerci, da cima a fondo, dalla prima all’ultima nota. Mi sento una persona migliore quando riascolto l’album. Mi tranquillizza, mi rende orgoglioso e mi fa capire che la musica è una terapia, e che dai momenti di sconforto può sempre nascere un fiore.
Nella tracklist ci sono due “VOID”, uno che ha come controtitolo “Despair” e l’altro, che è anche la bonus version, con controtitolo “Chance”. Cosa rappresenta questo vuoto che cambia da disperazione a possibilità?
“Void” è un percorso. Io spesso le ascolto una dopo l’altra. Quando ho prodotto la bonus version (sì, è nata prima quella) ero davvero perso, è stato davvero un momento difficile proveniente da una storia d’amore molto tormentata e dolente. Mentre quando ho deciso di fare la versione al piano ero guarito. È cambiata la mia attitudine, la mia intenzione, ed ho capito che dopo la tempesta c’è sempre il sole.
C’è un brano a cui sei particolarmente legato?
Un po come chiedere “vuoi più bene a mamma o a papà?” 🙂 Scherzi a parte, sicuramente ci sono dei brani che per vari aspetti mi sono entrati dentro maggiormente rispetto ad altri. Brani che mi hanno accompagnato maggiormente perché magari il processo creativo è stato più lungo e quindi mi sono stati accanto per più tempo. Ti svelo la mia top 3, anche se è una cosa che un artista non dovrebbe mai fare: ‘Until The End’, ‘Slowly Fades Away’ e ‘Lost Soul’ (ordinati a caso).
Che parte di te rappresenta il pianoforte?
Sono le 2 di notte. La città dorme. Io ho camminato tanto. Torno a casa. Mi faccio una doccia. Afferro le cuffie, le indosso. Suono. Mi sento vivo, mentre tutto intorno a me invece riposa.
Girerai dei videoclip, usciranno dei singoli dal disco?
Sì, venerdì 12 febbraio il videoclip ufficiale del singolo ‘Lost Soul’ e sarà disponibile su YouTube. Sarà l’unico singolo che anticiperà l’album. Ma non è detto che non arrivino altri videoclip più avanti.
Hai già idea di lavorare a un seguito di questo disco con i brani esclusi?
Non penso che quei brani saranno mai pubblicati. Mi capita di suonarli, ma preferisco tenerli per me. Ho chiuso un capitolo, ed è giusto che loro rimangano nell’ombra. Il prossimo lavoro sarà sicuramente frutto di nuove esperienze ed emozioni che non vedo l’ora di provare.
Roberta Usardi
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