“Pacifico”, il romanzo di Stéphanie Hochet
Isao Kaneda è un giovane giapponese arruolato nell’esercito imperiale nel corso della seconda guerra mondiale, durante gli anni del conflitto bellico tra Giappone e Stati Uniti. L’obiettivo della sua missione è di offrire la propria vita al Giappone e al suo Imperatore, schiantandosi ai comandi del suo Zero sulle portaerei americane e scongiurando l’invasione del suo paese.
“Siamo destinati a diventare fiori di ciliegio. Il sakura, fiore simbolo del Giappone. Sboccia in primavera e basta un soffio di vento per farlo cadere. Vivere come una fioritura primaverile sarebbe quindi crescere e svanire al culmine della giovinezza, lasciando nell’aria il ricordo della propria bellezza effimera”.
Eppure, dietro la facciata della cieca obbedienza, Isao è tormentato dal dubbio e si domanda sull’utilità del suo gesto, sul sacrificare la propria vita per una guerra che già volge inesorabilmente alla sconfitta. L’animo del protagonista è dilaniato tra il dovere e l’obbedienza al proprio Paese e alla propria gente e il desiderio di continuare a vivere.
“A ventun anni ho l’onore di morire per l’Impero del Grande Giappone. Soffoco la vertigine che mi assale”.
Sebbene la sua fermezza vacilli, Isao intraprende il suo ultimo viaggio per diventare il fugace eroe che tutti si aspettano che sia. Durante il volo un’avaria lo costringe però ad un atterraggio di emergenza su un atollo sperduto nel Pacifico. Impossibilitato a rientrare e riprendere il conflitto, la permanenza forzata sull’isola e il contatto con il semplice stile di vita degli abitanti che la popolano saranno l’occasione per riflettere sulla sua missione e sulla propria vita.
“Pacifico” (Voland, 2021, pp. 112, euro 14, traduzione di Roberto Lana) di Stéphanie Hochet è un romanzo delicato come il sakura, attraverso il personaggio di Isao, ci immerge nel fascino, a volte misterioso, della cultura giapponese.
Domenico Lauria