“Otto”, tutti siamo tutti
Roberta Calandra, scrittrice, autrice, sceneggiatrice e drammaturga, ha di recente pubblicato il romanzo “Otto, tutti siamo tutti” (Edizioni Croce, pp. 270, euro 18, prefazione di Giovanni Mastrangelo), già spettacolo teatrale, la cui drammaturgia ha vinto il “Premio inediti Elsa Morante 2012”.
Quattro storie in una
Quattro coppie per quattro diverse storie che si snodano nel tempo.
Philippe e Olympia nella Francia della presa della Bastiglia e della ghigliottina.
Gabriel e William, due poeti dell’Inghilterra romantica del 1800.
Milena e Greta nella Germania nazista del 1940, all’interno di un lager.
Infine, ai giorni nostri, negli anni 2000, Elena e Giacomo.
Quattro storie solo apparentemente separate, simbolicamente legate da un filo di perle che i vari personaggi regalano, indossano, strappano, ingoiano, e che metaforicamente creano un continuum tra anime affini che si ritrovano nei secoli che passano, con nomi diversi, ma la stessa passione. E personaggi che in una forma o l’altra si manifestano nelle storie altrui.
La storia, la politica, l’amore
La Calandra colloca i personaggi in contesti sociali/politici ben definiti, che spesso ci descrive con dovizia di particolari. Quello che ne emerge sono personalità sì prese dall’amore, spesso inteso come passione istantanea tra chi si incontra, ma anche votate a grandi battaglie che vogliono cambiare il mondo attraverso l’affermazione della propria personalità e natura. Così Olympia cede all’amore, ma il richiamo alla politica è forse ancora più forte di quello che la lega a Philippe: ha paura di diventare sua schiava, quando in realtà lotta per la pari dignità e i pari diritti tra donna e uomo. E per farlo rinuncia a molto, anche a suo figlio. Così Gabriel, che vorrebbe vivere il suo amore con William senza troppo curarsi delle leggi e delle pene contri gli omosessuali. O la stessa Milena che, anche rinchiusa dentro un lager, non ci sta a farsi piegare, a rinunciare alla propria essenza. Non è da meno Giacomo, no-global a tempo pieno, e aspirante attore.
Attrazione e paura
“Attrazione. Composto di ad e traho; significa in meccanica l’azione di una forza motrice mediante la quale un mobile viene tratto o accostato alla potenza che lo muove. Poiché la reazione è sempre eguale e contraria all’azione, in ogni attrazione il motore sarà attratto verso il mobile nella stessa misura in cui il mobile è attratto verso il motore”.
In questo romanzo che si pone un po’ anche come una Encyclopedie dell’anima, due sono le forze motrici, uguali e contrarie: l’attrazione e la paura. L’attrazione è quella inevitabile e fatale tra i protagonisti. La paura è quella che proprio loro hanno di questa attrazione, di quello che potrebbe far succedere o deviare.
“Credimi, il timore è l’unica sventura… È solo la paura ad uccidere, sai? Uccide tutto, perfino l’amore…”
Quella che la Calandra ci racconta è una storia che comincia dalla fine, in una sorta di movimento circolare, infinito, come l’otto che ne è il simbolo. Un movimento eterno che ci ricorda che tutti siamo tutti. E quale simbolo migliore della nascita di due gemelli? Una nuova coppia, per un inizio/fine.
Laura Franchi