“Otto giorni in Niger” – Il diario a due voci di Albinati e d’Aloja
“Questi bambini soli sono messaggi in bottiglia abbandonati alle onde”
Ci sono cose incomprensibile finché non le viviamo, così come ci sono posti che restano sconosciuti finché non ci andiamo. Ed è proprio quello che è successo a Edoardo Albinati e Francesca D’Aloja che ci raccontano, a due voci nel libro “Otto giorni in Niger” (Baldini+Castoldi, pag. 73, euro 10), la loro esperienza – nell’inverno del 2017 – in questo luogo povero e lontano che nelle sue strade dissestate e tra le baracche nasconde bellezza, danza e blues.
La povertà è dominante ma non ha la meglio sui volti di questa gente mite e accogliente, che riesce a vivere con lo stretto necessario, in condizioni precarie e nell’analfabetismo (considerando che tutti i soldi il governo li investe per la sicurezza, senza tenere in considerazione che “le spese massicce per la sicurezza fomentano l’insicurezza”) e per alcuni l’unica alternativa possibile è l’arruolamento nelle formazioni jihadiste. Ed è proprio da qui, in Niger, che cominciano quelle migrazioni che – soprattutto negli ultimi tempi – tanto ci spaventano: la maggior parte dei migranti cominciano a spostarsi all’interno degli stati africani stessi e solo il 6 % lascia effettivamente il continente, un numero decisamente basso in confronto a quello che vogliono farci credere! Il Niger per alcuni di loro è un rifugio precario da tantissimo tempo, queste persone sono perennemente in “attesa” di una casa, di una vita, di un’identità, di un futuro. Altre sono ospiti delle “Case de Passage”, speranzosi in un trasferimento nella tanto sognata Europa. Una terra che, nella sua povertà, accoglie con calore questa gente e fa di tutto per salvarla. È il loro stesso popolo, sono fratelli. Arrivano dall’Eritrea, dalla Libia, dalla Nigeria, dal Mali, dalle violenze e dagli stupri nelle prigioni: il Niger, ad oggi, ospita sui 300.000 rifugiati e l’UNHCR, il centro di servizi per i rifugiati, da loro protezione e assistenza legale, sanitaria ed educativa.
Un’esperienza quella di Edoardo Albinati e Francesca d’Aloja che ci viene spiegata in modo semplice e pacato – proprio come la gente che hanno incontrato – e che lascia un senso di incertezza e di dolore, ma anche uno spiraglio di speranza verso la riconquista di quell’umanità sempre più persa e dimenticata.
Marianna Zito