“Ottantanove”: finalmente a Milano, al Piccolo Teatro, l’attesissimo spettacolo, già Premio Ubu 2022, della Compagnia Frosini Timpano
Io stesso penso che l’arte dovrebbe essere così forte da cambiare la vita, altrimenti è un fallimento
Peter Weiss
Talvolta può apparire come un limite di chi scrive, pur essendo piuttosto una fortuna per chi legge, avere come ferreo principio quello di non “spoilerare” ciò che accade in uno spettacolo. Il “cosa” e il “come”, infatti, sono ciò che davvero caratterizza un’opera teatrale, determinandone la forma e il significato. Che si tratti di una drammaturgia originale o dell’ennesima messa in scena di un grande classico, esiste un sacrosanto diritto a “non sapere” che fa sì che la combinazione di azioni-reazioni tra il pubblico e chi è in scena abbiano una qualità diversa ogni sera e che ogni replica sia, ogni volta, “speciale”. Può sembrare poca cosa ma è grazie anche, e forse soprattutto, a questa sua specifica capacità che il Teatro, di cui da tempo immemorabile celebriamo il funerale, non morirà forse mai.
La premessa, valida in generale, per dire che “Ottantanove” racchiude e contiene nella scena iniziale, ammesso che “scena” sia il termine corretto, il senso della parola “rivoluzione” oggi; lo capiremo alla fine, dopo avere attraversato e analizzato, lasciandoci spiazzare spesso e volentieri, l’evoluzione di questo termine attraverso la lente d’ingrandimento della Storia.
Proprio la Storia, rappresentata in qualche modo dalle enormi bandiere sullo sfondo, sembra sovrastare i tre protagonisti in scena (Elvira Frosini e Daniele Timpano, coadiuvati in questa occasione da Marco Cavalcoli, anche lui Premio Ubu 2022, in un mix inedito e interessante), che ci appaiono così piccoli nell’enorme spazio vuoto del Piccolo Teatro Studio Melato di Milano; una Storia che, con il rigore e la curiosità che contraddistingue loro e i loro lavori, i Frosini-Timpano hanno indagato e approfondito attraverso un lungo e meticoloso lavoro di ricerca storiografica su materiali originali, spaziando dal teatro alla musica alla televisione e sorprendendoci con rivelazioni assolutamente inedite. Dalla prima alla quinta, le grandi Rivoluzioni (a voi scoprire quali e anche decidere se siete d’accordo o meno) sembrerebbero seguire un percorso che si sviluppa sulla base di ciò che c’è già, in una serie apparentemente coerente di fasi che fanno parte di un’unica grande esplosione. Se così fosse, sarebbe semplice e possibile “unire i puntini” e guardare al futuro come qualcosa di chiaro e prevedibile.
“Ottantanove” però non unisce i puntini, piuttosto li moltiplica, ne rivela di nuovi e poi li capovolge, e con la consueta ironia non ci vengono annunciate “verità” quanto piuttosto ci vengono poste domande, come il Teatro dovrebbe sempre fare. Le domande sono semi. Sono pezzi di muro. Sono alberi da piantare. Qualcuno dovrebbe farlo. Qualcun altro, non noi. Se la nostra storia, e le nostre piccole rivoluzioni locali, non sono che un rimbalzo di altre Rivoluzioni, così oggi preferiamo aspettare che siano altri a “scendere in piazza” per piantare, anche per noi, l’albero della Rivoluzione.
Albero: l’esplosione, lentissima, di un seme.
Bruno Munari
A. B.
P.S. Nessun termine francese è stato usato, abusato o maltrattato per la realizzazione di questa recensione.
Ottantanove
drammaturgia e regia Elvira Frosini e Daniele Timpano
collaborazione artistica David Lescot
con Marco Cavalcoli, Elvira Frosini, Daniele Timpano
In scena al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano dal 25 al 29 ottobre 2023
Fotografia di Ilaria Scarpa