“Oro rosso – Fragole, pomodori, molestie e sfruttamento nel Mediterraneo” di Stefania Prandi
È un pugno nello stomaco e andrebbe letto con la dovuta indignazione “Oro rosso – Fragole, pomodori, molestie e sfruttamento nel Mediterraneo”, il libro di Stefania Prandi edito da Settenove per la collana Lo scellino (2018, pp. 103, euro 14), un libro-inchiesta sulla condizione delle donne che ogni giorno lavorano nei campi, tra orari di lavoro improponibili e violenze troppo spesso sottaciute.
Stefania Prandi, giornalista e fotografa, ha svolto il suo reportage tra Italia, Spagna e Marocco, confrontandosi con molte donne ma anche molti sindacati e associazioni. Tanti i volti, troppo poche le denunce, esageratamente alto il numero degli impuniti. Qualcuno prova a spezzare il muro di omertà ma si tratta di un numero troppo esiguo di donne che alla fine perde lavoro e dignità e si ritrovano a essere ancora più sole. E questa è una battaglia che non si vince da sole, almeno fin quando anche i poteri forti decideranno di schierarsi accanto a loro e impegnarsi a restituire un po’ di serenità a chi, dopo una giornata nei campi, avrebbe diritto al riposo senza subire le violenze da parte dei datori di lavoro. Già, perché anche di questo si parla: barattare il sesso con la possibilità di lavorare perché, come scrive la Prandi, “è una regola non scritta, sottesa, un tabù, una realtà reiterata e silenziata, sotto gli occhi di tutti, spacciata per normale”. E c’è anche chi si chiede se vale la pena subire così tanto per così poco. In fin dei conti si parla di pochi euro al giorno. Certo, la risposta disturba ma non può che essere un sì. Sì, vale la pena se non hai altra scelta. Sì, vale la pena se quei pochi soldi sono l’unica entrata economica in famiglia e sì, se con quei soldi ci paghi la retta della scuola per i tuoi figli, sperando in un riscatto sociale che spesso tarda a venire. La paura di queste donne e gli interessi personali dei datori di lavoro rappresentano il carburante che alimenta questo sistema che invece può essere smantellato solo con una sana e necessaria educazione alla parità. Il victim blaming, che vede la vittima come responsabile di ciò che le è accaduto, è una vergogna ancora troppo diffusa che discrimina le donne e le incoraggia a stare in silenzio specie quando, anche la giustizia si trasforma in miraggio.
Rosa Amorevole -Consigliera di Parità dell’Emilia Romagna ed esperta in diritti sul lavoro- nella postfazione del libro si chiede dove siano state le istituzioni e come mai non reagiscono difronte al calpestamento dei diritti e dignità di tantissime donne. Me lo chiedo anche io e non trovo una risposta. O almeno, non ne trovo nemmeno una che sia ragionevole.
Sara Pizzale