Ora disponibile in digitale “Greatest Tits Deluxe” di Charlie & The Cats – L’intervista a Charlie Cinelli
Lo scorso 16 ottobre è approdato per la prima volta in digitale l’album rimasterizzato “Greatest Tits Deluxe” della band bresciana Charlie & The Cats, pubblicato nel 1993, che contribuì al grande successo del gruppo. Il disco include, oltre ai 26 brani storici, anche due nuove canzoni, “Nutria” e “Pirlo”. Il videoclip di “Nutria” è già uscito ed è stato diretto e montato da Cristiano Mondini per TRK Studio. Charlie & The Cats è un power trio formato da Charlie Cinelli (voce e chitarra), Alan Farrington (voce e basso), Cesare Valbusa (batteria). Abbiamo raggiunto telefonicamente Charlie Cinelli per parlare di questa uscita in digitale.
Charlie & The Cats ha pubblicato sei dischi dal 1993 al 1998, ora esce dopo ventisette anni, rimasterizzato, “Greatest Tits Deluxe”, con due nuovi brani, “Nutria” e “Pirlo”, come è stato ritrovarsi dopo tanti anni?
Dopo tanti anni abbiamo rimasterizzato i pezzi, aggiungendone due che secondo noi sono in linea con la nostra voglia di fare sempre qualcosa di diverso, quindi non seguire il mainstream, il filone tradizionale della canzone pop o rock, ma sempre con una vena di ironia e visuale personale. Ognuno di noi ha seguito negli anni di pausa la propria strada, io il folk dialettale, Alan Farrington il blues e il jazz mentre Cesare ha accompagnato un po’ di big della scena rock internazionale facendo esperienze diverse. Ritrovarsi è stato bello perché abbiamo scoperto che nonostante l’accrescimento di questi anni abbiamo ancora voglia di suonare per divertirci, soprattutto suonare dal vivo, che adesso è una cosa ancora lontana, ma speriamo di farlo presto.
Siete rimasti in contatto durante i vostri percorsi solisti?
Sì, siamo sempre rimasti in contatto, ogni tanto abbiamo anche suonato, ma sempre tra amici. Non abbiamo mai avuto un riferimento chiave che ci promuovesse in modo adeguato come ora fa la produzione Faustini, questo quarto elemento che si occupa della parte che non abbiamo mai considerato.
Negli anni novanta vi aspettavate una riscontro così grande da parte del pubblico?
Non ce lo aspettavamo perché il nostro era puramente un hobby rispetto all’attività di musicista che ognuno aveva, io per esempio facevo il turnista per vari cantanti dell’epoca, Alan e Cesare pure, quindi per noi era semplicemente un divertimento. Poi, abbiamo scoperto che questa formula di trio rock col dialetto bresciano mescolato all’inglese e un po’ di italiano sullo stile demenziale piaceva, e alla fine il lavoro principale è diventato quello.
Una curiosità, “Greatest Tits” si chiama così per la quantità di brani contenuti, che dà l’idea di volume, anche in riferimento all’immagine di copertina che ironizza sull’assonanza con “tits”?
L’idea di fare un “Greatest Tits” era arrivata perché avevamo tanti brani, alcuni anche solo per ridere; il gioco di parole era voluto per renderlo uno scherzo, e anche la copertina rende l’idea.
Charlie & The Cats: che tipi di gatti sono i cats e quante vite ha Charlie, dato che i gatti ne hanno sette?
Se noi ne avessimo sette, ora ce ne sarebbero altre due o tre davanti, quindi speriamo che la cosa prosegua! Il nome è stato voluto perché in generale i musicisti si chiamano cats nel gergo tra colleghi. Il musicista di jazz è un cat, io avevo un po’ di colleghi e amici che si autodefinivano così e suonava bene anche in inglese, poi è arrivato Andy Luotto che un giorno ha detto “ma tu chi sei?” e io “io sono Charlie” e poi ha guardato Alan chiedendo “è chisto lo cats?”.
E da lì deriva il vostro stile definito “catzismo”…
Sì, quindi catzeggiare, le catzate, eccetera.
A parte il concerto di Mezzago, dove avete suonato il giorno dopo i Nirvana, che distrussero l’impianto, c’è stato un momento significativo che ricordi in particolare di quegli anni?
Dopo le uscite nei locali, nelle birrerie e nei posti dove si poteva fare rock un organizzatore di concerti ha voluto fare un evento con i Ratz, i Nomadi, i Timoria e i Charlie & The Cats. Noi ci siamo detti “vediamo cosa succede” perché siamo un gruppo un po’ da osteria, ci divertiamo e basta. Cesare, il batterista, aveva visto, mentre arrivava al tendone, tantissime macchine e ha pensato che ci fosse una sala gioco da quelle parti, ma quando siamo saliti sul palco ci siamo trovati davanti tremilacinquecento paganti e abbiamo capito che era una cosa seria, ci siamo inorgogliti e abbiamo fatto una seratona.
La scelta di far uscire questo disco proprio ora era pianificata già da tempo, dato il momento delicato?
L’iter che segue la pubblicazione di un album è abbastanza lungo, dalla partenza e dall’entusiasmo e la volontà di farlo al lockdown è passato tempo, ma oramai il carro stava andando e l’abbiamo lasciato andare, però l’idea originale, di fine agosto, è nata dal nostro quarto uomo, Elia Faustini, che ha detto “facciamo questo pezzo che è molto bello, facciamo quest’altro che è molto bello” e alla fine dice “ma perché addirittura non ripubblichiamo questo album che non c’e in rete, non c’è su Spotify?”. Con i due brani aggiuntivi poteva essere un’idea. Lui, oltre a essere nostro manager e produttore è anche nostro fan, quindi già dagli inizi era entusiasta della cosa, poi chiaramente sono cambiate le cose, ma la comunicazione va avanti, i concerti ci saranno quando si potrà suonare.
Uscirà anche il video di “Pirlo”?
Sì, ce lo abbiamo in mente, lo faremo a dicembre.
Con Charlie & The Cats avete in mente di registrare un nuovo album?
Sì, senz’altro, la nostra abitudine è la stessa: quando si fanno i soundcheck si provano i suoni inventando qualcosa. Le canzoni sono sempre nate così e continueranno a nascere così, non siamo il gruppo che si trova in sala prove e decide le stesure di testi, i nostri pezzi sono sempre nati durante i soundcheck e buttati in pasto al pubblico durante la serata. Poi le cose che funzionano si tengono e si producono.
I tuoi progetti solisti continueranno, parlo di “Charlie Cinelli canta Merlin Magù”, “Teatrocinelli” e “Àngel”?
Sì, vado avanti a rivolgere l’attenzione al mio dialetto, che è una lingua molto particolare, un po’ dura e un po’ masticare sassi come diceva Dante. Ho la volontà di dare una luce e un valore un po’ diverso con la musica, ho preso poesie di Angelo Canossi, che era un poeta importante, di Leonardo Urbinati e qualcosa che ho scritto io. Sono progetti che vanno avanti di sicuro, anche perché la sonorità è tutta diversa, acustica: strumenti ad arco, percussioni, e anche i testi sono altra cosa rispetto al progetto Charlie & The Cats. Tutti i dialetti sono molto più diretti e molto più sintetici dell’italiano e molto più musicali, in tutta Italia. Col mio dialetto mi sono trovato molto meglio nel genere musicale che mi piace e fare le canzoni godibili.
Tornando a Charlie & The Cats, quando avete deciso di suonare insieme avevate artisti di riferimento ai quali vi siete ispirati per creare il vostro modo di fare musica?
No, questo assolutamente no. In origine io e Alan avevamo un duo col quale facevamo cose da festa: canzoni di Orietta Berti, Toto Cutugno, qualcosa dei Rolling Stones e un mix di cose soprattutto irriverenti, ironiche. Nel formare il trio non abbiamo preso ispirazione da un gruppo in particolare, è evidente che il trio rock assomiglia inevitabilmente a Led Zeppelin o Jimi Hendrix, ma noi siamo più caciaroni, anche se la sonorità è quella, poi Alan è un po’ più funky nell’espressione, io sono un pochino più sul rock e Cesare è più poliedico, quindi la mistura è strana, però l’insieme funziona. Presi da soli musicalmente siamo magari meno precisi, ma come trio c’è qualcosa di inimitabile.
C’è un brano a cui sei particolarmente legato?
Mi piace molto un brano che si chiama “El gat de Paol” che voleva fare la parodia di un brano di Aretha Franklin, “I got the power”. Ci sono legato perché è il brano che esprime meglio il power trio e la potenza dell’insieme, che è coinvolgente. Mi piace suonare il riff di chitarra con il mix di dialetto bresciano e inglese che ci siamo inventati.
Roberta Usardi
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