“Ombra mai più”. Chi sono i folli di Stefano Redaelli?
“Mi chiamo Angelantonio Poloni, sono un impaziente psichiatrico. Ho fretta di tornare a casa, nel mondo, di vedere cosa è cambiato, se sono cambiato io”.
Dopo “Beati gli inquieti”, in cui Stefano Redaelli racconta di come Angelantonio arriva nella Casa delle Farfalle, un centro di riabilitazione psichiatrica, e si avvicina ad Angelo, Marta, Cecilia o Tom, Carlo e Simone, ascoltandoli per dare loro una voce, la casa editrice Neo. pubblica “Ombra mai più” – rimando all’aria iniziale dell’opera Serse di Georg Friedrich Händel, Ombra mai fu – a raccontarci la realtà di Angelantonio al di fuori di quella casa di flesciati, dopo tre anni di permanenza.
Cosa pensa la gente dei matti? Quale è la reazione della famiglia quando questi tornano a casa? Cosa significa ritornare al mondo e quali sono le difficoltà nel farlo? Esistono errori o l’unico errore è non comprenderla, questa malattia? E nel pensarci, mi viene in mente quell’illuminante passo di un libro della Merini, “La pazza della porta accanto”: “Tu non sai quante volte bacio i cancelli di casa mia che si aprono soltanto se citofono alla pazza della porta accanto. E lei mi lascia fuori come un mendico. Ma io servo la sua nudità, la sua avarizia e il suo vangelo assassino. Non c’è niente, Curcio, che mi possa far morire”.
Angelantonio – “impaziente psichiatrico” – deve ora crescere, uscire dalle ombre che fino a quel momento lo hanno protetto: quella del platano adottato davanti casa, sotto cui è cresciuto, e l’ombra della malattia stessa, che deve lasciarsi alle spalle per continuare la vita. Vita non semplice perché, dopo tre anni, molte cose sono cambiate. Ora è più difficile trovare un lavoro con questo nuovo curriculum alle spalle, è difficile pubblicare un libro ed è anche difficile rapportarsi con i genitori, invecchiati e malati. La malattia quindi, trova qui anche una nuova connotazione, perché diventa una malattia fisicamente limitante e degenerativa.
Non mancano però le nuove scoperte e i nuovi legami, come il rapporto che si crea con il giovane Rami, un ragazzo egiziano che ben conosce i pericoli della strada e come la (ri)scoperta di Marta, della sua sensibilità e della sua folle meraviglia, che lo riporterà in modo inconsapevole (per lei) alla pace con sé stesso. Ciò che Angelantonio trova oltre il cancello della Casa delle Farfalle è quindi davvero la normalità? Cosa significa essere normali? Quale è il vero limite tra la normalità e la follia? Può l’inquietudine dell’animo umano essere identificata come follia? L’unica vera soluzione, infine, è solo la cura: prendersi cura di sé stessi e di chi e cosa ci circonda, per arrivare a essere e conoscere sé stessi fino in fondo, con tutte le fragilità e le virtù.
Stefano Redaelli scrive in modo lieve di un argomento difficile e delicato. Costruisce una storia che ci colpisce e ci entra dentro. Ci emoziona, strappandoci quel sorriso malinconico che ci porterà a una lunga riflessione su quello che siamo e su quale è il nostro rapporto con gli altri folli e non, ma soprattutto ci farà riflettere sulla nostra di follia. Su quella sana follia che ci caratterizza.
Marianna Zito