Oltre le narrazioni univoche – “Gli sposi” di Frosini/Timpano al PimOff di Milano
Con questa stagione teatrale è arrivato in scena per la prima volta su un palcoscenico milanese, quello del Teatro PimOff, “Gli Sposi. Romanian tragedy”, l’ultima produzione di Elvira Frosini e Daniele Timpano, in tournèe ormai da più di un anno (mentre è già in lavorazione il prossimo spettacolo per il 2020). Due serate, quelle del 23 e 24 ottobre scorsi, affollatissime e calorose.
Le luci si spengono e “gli sposi” irrompono sul palco rimbalzandosi nelle parole il ritratto l’uno dell’altra. “Un uomo e una donna. Delle persone molto ordinarie, nella Romania del XX secolo. Entrambi vengono dalla campagna. Un po’ nello stesso modo l’uno e l’altra si ritrovano a militare nel Partito Comunista. Niente sembra distinguerli dai loro compagni. Tranne il fatto che sono un po’ meno dotati della media. Sono delle creature senza smalto in un mondo senza orizzonte”. Così David Lescot, autore del testo originale “Les Epoux”, descrive i suoi due protagonisti. Lui, Nicolae Ceaușescu, goffo e un po’ ingenuo, lotta per giunta con la balbuzie. Lei, Elena Petrescu, ambiziosa e dal piglio sicuro, conduce in gran parte il gioco. Entrambi senza particolari qualità o istruzione, si rivelano eccellenti nell’architettare una scalata al potere ragionata, con elementi di angosciante (sur)realtà. Siamo di fronte a uno spettacolo che polverizza le aspettative e la codificazione. Il testo di Lescot – tradotto da Attilio Scarpellini e riplasmato con metodo da Frosini e Timpano per la loro personale messa in scena – non è quello che ci si aspetterebbe da una narrazione sui coniugi Ceaușescu. Non indugia sul racconto di ciò che già si conosce (o si dovrebbe conoscere), sul periodo della dittatura, sugli eventi più eclatanti e noti – che ci sono, eppure rimangono a margine – ma lavora su un altro livello. Analizza il modo in cui due persone possono farsi strada nei meandri di un sistema, sfruttarlo, prendere in mano i fili del gioco: da burattini a marionettisti, alla guida di uno Stato. Mostra come, con la stessa incoscienza e rapidità, si possa costruire un’ascesa e vivere una caduta fulminea, dal podio al processo, all’esecuzione nel fatidico 1989 delle rivoluzioni. Analizza infine come un’ideologia, un punto di partenza iniziale, può pervertirsi. Riflette in sostanza sul potere e sulla fenomenologia di chi lo detiene, e in questo acquista la forza propria del discorso universale, oltre che attuale e urgente. Un saggio su come leggere la realtà andando oltre la superficie. Contemporaneamente la struttura spettacolare esibisce se stessa, meccanismo solido in cui tutto è coerente ma nulla è codificato. È un gioco magnetico, innesca con lo spettatore una sfida a farsi seguire ed analizzare, passaggio per passaggio. Nessuna soluzione scenica si ripete, fin nei minimi particolari tutto si sussegue nell’efficacia della variazione. Anche questo è un saggio, una lezione su come manipolare l’attenzione mantenendola sempre sul filo dell’attività incessante del pensiero. I nuclei d’azione sono sempre spiazzanti, una sequenza dopo l’altra, in maniera serrata, immagini fisiche e sonore si succedono: negli squarci di colonna sonora il pop nostrano è presentato in versioni rumene di cui non si sospetterebbe l’esistenza, mentre tagli di luce e colore (disegnati da Omar Scala) modellano i corpi esasperati e le maschere tragiche del Conducător e sua moglie.
Nella forza performativa in scena di Elvira Frosini e Daniele Timpano risplendono con limpidezza la costruzione dello spettacolo ed i suoi intenti. Un climax senza possibilità di scampo. C’è una continua oscillazione su più livelli, al distacco dello sguardo critico si alterna quello “pietoso” nei confronti dei due personaggi rappresentati. L’ironia è tagliente come le barzellette che i rumeni sotto la dittatura raccontano, consapevoli di ridere di se stessi. La deformazione grottesca conserva sempre un fondo di credibilità, di tremenda serietà. Frosini e Timpano hanno trovato nel testo di Lescot una affinità ideale. Anche “Gli sposi” diventa (come avvenuto in tanti loro spettacoli passati, ultimo tra tutti Acqua di Colonia) occasione per smontare minuziosamente dal di dentro le narrazioni precostituite, fuggire alle strutture imposte, compiere un’operazione critica sulla Storia.
Il prossimo appuntamento con “Gli sposi” è a Rimini, al Teatro degli Atti, il 20 novembre. A Milano torna invece prossimamente in scena Acqua di Colonia, al Teatro dell’Elfo, dal 27 novembre al 1 dicembre 2019.
Mariangela
Berardi