Olita e il singolo d’esordio “Vuoi vedere” – L’intervista
Lo scorso 22 giugno è uscito “Vuoi vedere” è il primo singolo di Marco Olita, in arte Olita, dall’album “Lontano” di prossima uscita,. Marco è un cantautore e chitarrista originario di Castrovillari (CS), ma è cresciuto a Roma ascoltando i cantautori italiani e i grandi della musica rock e blues; gli abbiamo fatto qualche domanda per conoscerlo meglio.
Ciao Marco, parlaci del tuo primo singolo “Vuoi vedere” che è il tuo biglietto da visita come cantautore, come lo presenteresti?
Ciao Roberta, dunque “Vuoi vedere” è una canzone semplice e profonda, una storia amara. Non mi dilungherei troppo sulla presentazione perché probabilmente il brano riesce a presentarsi bene anche da solo.
“Vuoi vedere” parla di una storia d’amore finita, un po’ crudele quando canti “vuoi vedere, vuoi vedermi cadere” e dolorosa: “ho parcheggiato i miei rimpianti in zona rimozione, così qualcuno li porterà via e guarirò da questa malattia”. Versi di un certo peso, ma accompagnati da un arrangiamento molto rilassato, un input per incoraggiare ad andare oltre?
Sì, come ti dicevo c’è molta amarezza nei versi ma la musica è molto soffice e intende esprimere l’arrendevolezza nei confronti di una situazione che non si può cambiare. La musica deve riempire il vuoto che lasciano le parole, noi non scriviamo romanzi e dobbiamo esprimerci in versi e così alla musica che accompagna i versi dobbiamo dare il compito di creare il mood. Anche il modo di cantare che muore quasi troncato prima dei ritornelli deve dare l’idea di una cosa che ti rende esausto. L’incoraggiamento ad andare oltre è dato dal verso che hai citato “…e guarirò da questa malattia”. Noi che cantiamo e componiamo dopo aver vissuto determinate situazioni, siamo i migliori amici di chiunque e dobbiamo farli soffrire e riprendersi insieme a noi.
“Vuoi vedere” anticipa il tuo primo album che hai chiamato “Lontano”, puoi rivelarci qualche cosa? Da quante canzoni è composto, i temi, lo stile, troveremo del blues e del rock o qualcosa di più intimo e cantautorale vicino a “Vuoi vedere”?
“Lontano” è un disco di otto tracce nelle quali si parla di rapporti che spesso sono lontani nelle idee, nelle intenzioni o semplicemente nella distanza. Ma non è un concept. È una cosa alla quale ho fatto caso dopo aver scritto i pezzi e averli messi insieme. C’è una canzone che appunto si intitola “Lontano” che mi sembrava riassumere bene tutto il disco; disco che, oltretutto, è stato scritto a Bruxelles e arrangiato a Roma dialogando con i miei colleghi da una parte all’altra dell’Europa. La lontananza è un concetto che riassume l’album a 360 gradi sia per i temi sia per la realizzazione. La musicalità del disco verte sul pop ma si possono trovare molti colori all’interno dei brani. Ci sono brani che possono risultare più classici e brani che risultano estremamente contemporanei. La scrittura la lascio giudicare a qualcun altro, secondo me i brani sono intimi come “Vuoi vedere”, ma le sonorità dipendono come sempre dal mood.
Hai intenzione di far uscire un altro singolo prima dell’album?
Con ogni probabilità a settembre uscirà un altro singolo. E sarà la canzone che per lo stile in cui è fatta è quella che le persone si aspettano di meno da uno come me. Ed è per questo che deve uscire, perché è fuori dalla comfort zone mia e di molti.
Hai iniziato a scrivere in inglese, ma “Lontano” è un disco in italiano, quando hai deciso di mettere da parte la lingua inglese?
Non ho messo da parte la lingua inglese, solo che a un certo punto è nato qualcosa nello stile attuale, che mi permette di dare il massimo in Italiano. Scrivo anche poesie e quelle le ho sempre scritte in Italiano. I versi nella nostra lingua sono qualcosa che amo alla follia da molto prima della composizione in generale.
Stai programmando dei concerti dal vivo?
Guarda, io mi sono autoprodotto e quindi sto lavorando molto più lentamente di qualsiasi altro artista che sia accompagnato da una etichetta o da un ufficio stampa. Ho in mente di portare il disco dal vivo, ma se ci riesco ho in mente qualcosa che si è vista raramente o forse mai in Italia. Vediamo come procedono le cose e lo saprete.
Nel tuo percorso artistico è stato importante l’incontro con Gabriele Roia, che è uno dei componenti della band Rèclame, che sta ottenendo ottimi riconoscimenti; cosa ne pensi della scena musicale emergente italiana?
Ci sono molti ragazzi e ovviamente ragazze che scrivono bene in Italia. Io credo di far parte della musica emergente, quindi non me la sento di dare un giudizio alla scena emergente, penso che ci siano tanti nuovi artisti che valga la pena ascoltare e in questo gruppo mi ci metto in mezzo senza falsa modestia. Con Gabriele siamo amici da molto prima che la musica cominciasse a darci da mangiare ed è una delle persone senza le quali moltissime cose della mia carriera non sarebbero così, prima fra tutte questo disco, che è l’ultimo lavoro fatto insieme ma il primo a essere presentato ad un pubblico vasto.
Hai avuto modo di suonare all’estero e vivi a Bruxelles, che tipo di esperienza è per te, cosa ti dà a livello musicale? Sapresti dirmi un lato positivo e un lato negativo di essere un artista italiano all’estero?
Bruxelles è una città importante ma a misura d’uomo. A livello musicale ho la fortuna di rapportarmi con persone che hanno studiato musica in altri paesi e non nascondo che in Italia la preparazione è superiore rispetto ai paesi Europei in generale. Il lato positivo è sicuramente questa multi etnia che ti circonda in questa città. Non è come andare in Inghilterra o negli stati uniti ad esempio; Qui c’è gente da tutto il mondo se entri in un autobus qualsiasi puoi sentire 4-5 lingue differenti. E ovviamente suoni con gente con culture differenti. Il lato negativo è che sei comunque uno straniero, all’inizio è bello e non ci fai caso, dopo qualche tempo vedi che alcuni atteggiamenti possono essere un po’ ambigui e magari sei meno considerato di un musicista peggiore ma del luogo.
Con chi ti piacerebbe collaborare?
Bella domanda, ho un elenco pronto perciò fategli arrivare la voce (ahaha) Mi piacerebbe scrivere con dei grandissimi come Zucchero, De Gregori, Renato Zero. E ragazzi contemporanei come Gabbani, Flavio Pardini (Gazzelle). Ce ne sono altri ma veramente non vi voglio annoiare con la poesia dei nomi e qualcosa che per ora va oltre l’ immaginazione. Vi ringrazio molto per il tempo che mi avete dedicato e abbraccio con affetto tutti i vostri lettori e ovviamente voi.
Grazie a te Marco!
Roberta Usardi
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