“Oh my darling, Clementine” di Amity Gaige
“Scappavamo da altre storie d’’amore e ci siamo incontrati durante la fuga”
Crediamo in ciò che vogliamo, e una storia è “solo una storia” nella misura in cui un fatto è “solo un fatto”. Quanto può essere difficile restare nello spazio fisico e mentale di una storia d’amore, solo gli amanti lo sanno. Crescere insieme, cambiare insieme e provare ad accettare il cambiamento dell’altro, sempre all’interno di uno spazio che prima di tutto dovrebbe essere mentale, spirituale, energetico. “Oh my darling, Clementine” (NNEditore, 2022, pp. 240, euro 19), della scrittrice americana Amity Gaige parla della danza che proviamo a portare avanti sul filo sottile dell’esistenza.
All’interno del cerchio magico ti puoi muovere lungo la linea della mia circonferenza ballando e cantando, raccontando storie inventate, vecchie relazioni e aneddoti familiari. E se una famiglia uno non ce l’ha, può sempre crearla di nuovo, che il tempo è solo una convenzione umana, un modo per controllare l’incontrollabile. Clark e Charlotte, come due supereroi, affrontano l’amore, combattono contro i mulini a vento del tutto che muta e si disperde, credendo nella loro storia. Con entusiasmo e voglia, i due giovani sposi trovano nei sobborghi di Boston una casa accogliente che diventa il loro nido, uno spazio non più solo mentale dove costruire la loro avventura. Due mondi diversi, due vite segnate da ciò che sempre lascia segni, carezze e cicatrici, famiglie ingombranti nella loro presenza come nella loro assenza. L’essenza è quella che conta. Una madre morta suicida, una creatrice di mondi immaginari quando la realtà non è quella che ci aspettiamo, favole, racconti, metafore che diventano ricordi concreti, palpabili. Quanto importa chi siamo veramente rispetto a chi vorremmo essere stati? Una famiglia che non c’è, un’altra che prende il suo posto. É un continuo aggiungere pezzi già esistenti. Siamo così. è la vita, mattone dopo mattone, diventiamo una costruzione alta, altissima, come lo sono Clark e Charlotte, torri di Babele che non sempre riusciamo a capire, che non sempre si capiscono tra incomprensioni, stati d’animo e illusioni, sentimenti non corrisposti.
Amity Gaige racconta un matrimonio complicato in una casa nuova in un sobborgo nuovo con vicini nuovi e situazioni nuove. Vecchie complicazioni che si scontrano, un cane che diventa amico, misterioso come gli abitanti del quartiere, folle e fantasioso come i bambini amici di Clark, rifugio delle belle anime quando la vita che ci circonda non ci piace. Come i due novelli sposi, anche la casa, elegante e particolare, è protagonista della storia. La porcellana, come la pelle di Charlotte, “candida da diventare quasi trasparente sui polsi e sulle ginocchia”, ha una sua memoria costruita sulle molteplici manipolazioni che può subire, e così è anche per la casa che abitano. Come in un racconto dell’orrore, Amity Gaige muove fantasmi, sussurra voci, accende bagliori che sembrano essere proiezioni delle passate coppie che hanno abitato l’appartamento. Le mura ricordano, gli oggetti anche. Ma se fossero invece idee e ripensamenti di Clark, desideri inespressi e voglie di Charlotte? Non lo sappiamo, forse nemmeno importa perché “Oh my darling, Clementine” è un libro costruito sul quel filo sottile che unisce e divide realtà e immaginazione, fantasia e concretezza, dove tutto può essere una delle due cose, l’importante è “passeggiare tra momenti dimenticati, perduti, isolati, a volte inquietanti eppure bellissimi”.
Antonio Conte