NUDI E CRUDI al Teatro Verdi di Pisa
Nella suggestiva cornice del Teatro Verdi di Pisa si è chiusa la tournée di “Nudi e crudi” con le date 16 e 17 dicembre 2017. Protagonisti Maria Amelia Monti e Paolo Calabresi con Nicola Sorrenti, in una storia di Alan Bennett, tradotta e adattata per la scena da Edoardo Erba, regia di Serena Sinigaglia, scene di Maria Spazzi, costumi di Erika Carretta, colonna sonora di Sandra Zoccolàn e luci di Alessandro Verazzi. Una produzione Artisti Associati.
Con solo i vestiti che hanno addosso (così recita il titolo originale, “The Clothes They Stood Up In“), Rosemary e Maurice Ransome si ritrovano, dopo aver trascorso una serata a teatro, nella loro casa svaligiata, anzi ripulita completamente, persino degli interruttori. Quale ladro può mai aver fatto questo? Il poliziotto e l’assicuratore che entrano in casa loro dopo l’accaduto ipotizzano addirittura uno scherzo: tutto ciò è davvero inspiegabile! I due coniugi, fino a quel momento consolidati, ma solo apparentemente, nella propria quotidianità mostrano una risposta assolutamente divergente all’accaduto e pian piano tutto ciò che li aveva legati fino a quel momento, le cose più che i sentimenti, si sgretola portandoli ad allontanarsi irrimediabilmente.
La rappresentazione è totalmente scevra del grigiore londinese, semmai intessuta del tipico humor britannico e resa ironica in modo coinvolgente dal talento dei protagonisti, quello brioso di Maria Amelia Monti e quello ingessato, come richiede la parte, di Paolo Calabresi. Il pubblico è accompagnato nella vita dei personaggi dalle musiche, che passano dalle armoniche ed equilibrate note di Mozart a suoni di tutt’altra natura, inaspettati come il doppio colpo di scena finale!
Il personaggio di Rosemary, che prova addirittura commozione una delle rarissime volte in cui suo marito la chiama per nome, conduce delicatamente lo spettatore nel suo mondo fatto di certezze, peraltro effimere, che le crolla addosso per ben due volte, facendolo ora sorridere, ora ridere di gusto, ora rimanere ipnotizzato, come nel monologo finale. Maurice, di presenza imponente, abituato ad essere esempio di self-control, una falsa certezza anch’essa alla fine sconfessata, e a controllare la moglie, che non si trattiene dal rimproverare quasi fosse una figlia, fa sentire il suo ruolo anche quando la recitazione per esigenze di copione è azzerata.
Una piacevolissima scoperta il giovane Nicola Sorrenti, che accoglie lo spettatore nella veste di narratore e che scompare e ricompare quasi come un folletto, in quella e in altre e diverse parti, che sorprendono chi lo guarda: poliedrico e trasformista, talmente bravo che non può non far pensare a grandi nomi come quello di Arturo Brachetti, agile e dotato di gran talento e vocalità, con una presenza scenica da attore navigato. Un altro elemento da evidenziare è sicuramente quello della scenografia. L’allestimento a pannelli dell’appartamento dei Ramson riduce lo spazio recitativo del palco, ottenendo un effetto prospettico e creando un’atmosfera che fa pensare ai dipinti di Caravaggio, con un’unica parte illuminata su cui si focalizza l’azione, mentre tutto il resto rimane nell’oscurità. E questo è molto suggestivo.
Uno spettacolo che deve far parte del bagaglio culturale di ogni amante del teatro!
Francesca Padula