NON È LA SOLITA MUSICA
Questa musica è diversa perché in nessun’altra convivono con tanta armonia anima popolare e tradizione colta, in nessun’altra musica la dimensione collettiva ha tanta importanza, subordinando ogni velleità solistica all’equilibrio delle parti.
Mi trovo al Centro Cultural Brasil-Italia presso l’Ambasciata del Brasile a Roma a Piazza Navona, pronta ad ascoltare un genere di musica che forse non tutti conoscono. È venerdì 28 settembre e sono al primo incontro di studi organizzato da Giovanni Guaccero, pianista, compositore e docente del Conservatorio Francesco Cilea di Reggio Calabria. La musica si chiama “Choro” e significa pianto in portoghese.
Provate a immaginare un valzer di Chopin o un contrappunto bachiano o una melodia popolare struggente o solare, sostenute da un fitto intreccio percussivo poliritmico. Il tutto eseguito con un senso rigoroso del collettivo e una sorprendente capacità di applicare l’ideale politico della democrazia alla musica. Giovani e vecchi, virtuosi e dilettanti che condividono e contribuiscono, ciascuno secondo le proprie capacità, all’esecuzione dei brani. In un’atmosfera gioiosa, con il solo scopo di fare musica insieme, crearne di nuova, risuonare e reinterpretare i classici di un repertorio sterminato di decine di migliaia di composizioni tramandate oralmente o trascritte e conservate negli archivi della Casa do Choro di Rio, come negli scaffali dei moltissimi appassionati in ogni parte del mondo. Brani o capolavori (la celeberrima “Tico Tico” è uno di questi) composti da dilettanti di talento o da giganti quali Heitor Villa Lobos, Egberto Gismonti, Antonio Carlos Jobim, Radames Gnattali, Pixinguinha, Ernesto Nazareth, Noel Rosa, Chiquinha Gonzaga, fino ai nostri Gabriele Mirabassi e Stefano Bollani.
Tutti i presenti hanno condiviso l’energia del gruppo compatto, aperto, dove contemporaneamente si impara e si insegna a sentirsi parte del tutto, a sciogliersi nella musica. Una musica sincretica, strumentale, eseguita con flauti, sassofoni, strumenti a corda quali mandolini, cavaquinhos, chitarre a 6 o 7 corde e strumenti a percussione, lo Choro coniuga in modo assolutamente originale l’eco della polka, della mazurca, del valzer e della musica colta arrivate dall’Europa con i ritmi degli schiavi strappati alla madre Africa. Non è la solita musica, ma un inno alla vita, alla comunione dei popoli, che lascia il segno e si fa ricordare.
Lucrezia Zito