“Noi, mille volti e una bugia”: Giuseppe Giacobazzi all’EuropAuditorium di Bologna
“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”. Da queste parole di “Uno, nessuno, Centomila” di Luigi Pirandello nasce lo spunto per lo spettacolo “Noi, mille volti e una bugia” di Andrea Sasdelli, in arte Giuseppe Giacobazzi, un one man show di oltre 2 ore che il comico romagnolo ha portato in scena al teatro EuropaAuditorium di Bologna dal 1 al 3 aprile. Uno spettacolo in scena già nel 2019, forzatamente interrotto a causa della pandemia e ripreso nello scorso autunno.
Il tema attorno a cui ruota tutto lo spettacolo è quello della maschera. La maschera che ognuno di noi indossa quando si rapporta con gli altri, ma soprattutto quella di Giuseppe Giacobazzi, l’alter ego di Sasdelli, con la quale ha forzatamente convissuto per oltre 25 anni e con cui ha stabilito un rapporto di odio e amore.
Lo spettacolo ripercorre la vita del comico dagli esordi in radio con lo zio, passando per le avventure carnevalesche con gli amici del tempo per poi arrivare alla nascita del tipico contadino romagnolo, alias Giuseppe Giacobazzi, che dopo gli esordi al Costipanzo Show si vedrà catapultato sul palco di Zelig e da lì nascerà la fama e la notorietà del personaggio. Una fama e una notorietà che però avranno anche il rovescio della medaglia della mancanza di tempo da dedicare agli affetti più cari e alle proprie passioni. Ed è lì che Sasdelli capisce che non è più il caso di indossare sempre la maschera di Giacobazzi ma a volte è necessario toglierla per tornare a godere delle piccole gioie della vita. Una vità che, per il nostro comico, era diventata ogni giorno più uguale, sempre dentro gli stessi alberghi e gli stessi camerini (non a caso la scenografia è rappresentata da un camerino stilizzato).
Sul palco è il solito Sasdelli/Giacobazzi istrionico e in piena forma che fa ridere per oltre due ore con gag memorabili (imperderbili quella di Sandrone coi testimoni di Geova e quella dei sex toys) ma ha anche un momento molto intimo che, circa a metà della performance, ci presenta il nostro in una veste inedita che ha davvero emozionato il pubblico in sala.
Si arriva, infine, a una sorta di riappacificazione, a raccontarci quella che è la visione della maschera: “non è sbagliato indossarla, l’importante è ricordarsi di chi eravamo e di togliela al cospetto dei propri cari”.
Antonio Caputo