Nightmare n. 7 al Teatro Marconi di Roma
Tre uomini ben vestiti seduti a un tavolo. Giocano a carte. Irrompe bruscamente in scena un quarto uomo. Non sa chi è, non sa cosa ci fa in questo posto per lui anonimo. I tre uomini gentilmente lo fanno accomodare, cominciano a porgli quesiti.
È l’inizio di Nightmare n. 7 – al Teatro Marconi di Roma – atto unico scritto e diretto da Lorenzo Collalti. Un testo drammaturgicamente impeccabile, dai dialoghi serrati e puntuali come un orologio svizzero. La mancanza di memoria dell’uomo – Luca Carbone – è il filo conduttore dell’intero spettacolo, e mette in azione una serie di comportamenti folli e drammaticamente comici atti alla riacquisizione di identità, passando da momenti di comicità illogica a silenzi imbarazzanti. Tutto comincia dalla semplice domanda ospitale “Perché non prende un tè?” che da gentilezza si trasforma in molestia traghettando la situazione da reale a irreale sospendendola tra sogno e realtà.
Cosimo Frascella, Lorenzo Parrotto e Pavel Zelinskiy sono i rappresentanti di una società opprimente e logorante: creano un susseguirsi di piccole messe in scena guadagnando più volte applausi a scena aperta: dalla simulazione di una seduta di psicoanalisi a quella di un processo in tribunale. La vittima inconsapevole è sempre lui, il povero smemorato.
Gli attori cambiano in continuazione volto, registro vocale e lingua, mostrano un totale controllo dello spazio scenico e dei tempi comici, che sono esemplari; doti artistiche elevate unite a preparazione tecnica eccellente. Il regista denota una cultura elevata, plasma gli attori anche fisicamente a suo piacimento e li arricchisce con battute efficaci e citazioni colte di ogni tipo.
Il senso di soffocamento di una società sempre più veloce e stressante è ciò che il giovane regista trasmette al pubblico, avvalendosi di scenografia minima – tre sedie, un tavolo, una scala – e di quattro attori talmente affiatati da sembrare una sola voce.
Uno spettacolo che a una prima analisi superficiale può apparire comico, ma infonde una amara consapevolezza di quanto opprimente sia la nostra società.
Assolutamente imperdibile.
V.M.