Nicola Samorì in mostra con “Black Square” per la Fondazione Made in Cloister di Napoli
18 gennaio 2020– 30 aprile 2020
Il 18 gennaio 2020 inaugura al pubblico la mostra Black Square che Nicola Samorì ha realizzato per la Fondazione Made in Cloister. L’esposizione è curata da Demetrio Paparoni.
È un grande progetto espositivo in cui il lavoro e la ricerca dell’artista trovano la loro più naturale collocazione non soltanto all’interno del Chiostro cinquecentesco di S. Caterina, sede della Fondazione, ma anche nelle sale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il Vesuvio come immaginario – materia della città e dell’opera d’arte; le stratificazioni temporali del tessuto urbano come fossili cangianti, uno sguardo affondato nella roccia, nel magma della trasformazione e nelle possibilità della sua rigenerazione: sono queste le icone che caratterizzano il viaggio creativo pensato da Samorì per Napoli.
“Nicola Samorì ha interpretato al meglio il progetto Made in Cloister dialogando con grande disinvoltura con la Città di Napoli, la stratificazione del suo patrimonio artistico, la sua cultura e le sue tradizioni” dice Davide de Blasio, “L’artista ha usato i materiali della nostra tradizione ed ha creato un progetto espositivo site-specific di grande impatto dimenticando gli aspetti conservativi ed esaltando la forza del cambiamento.”
Al centro del Chiostro di Santa Caterina è collocata una scultura monumentale di cinque metri di altezza, Drummer, cresciuta come gli obelischi napoletani, per addizione di elementi eterogenei. Nella parte bassa, che termina con un treppiede, si riconoscono le forme di un candelabro barocco. Su questa base ornamentale affonda i piedi un colosso ispirato a un piccolo avorio intagliato dallo scultore tedesco Joachim Henne nel 1670/80 e custodito al Victoria and Albert Museum di Londra, la Morte come batterista, una figura scheletrica dal corpo simile a una clessidra. L’intera scultura è ricoperta di lapilli vulcanici. Ai piedi di questa chimera, compendio del Vesuvio, del barocco napoletano e dell’idea di “monumento della superstizione”, si allarga un vasto quadrato nero che ripete il perimetro della gabbia borbonica lignea che campeggia all’interno del chiostro e composto – come il colosso – da lapilli. Su questo lembo di spiaggia nera sono disseminate migliaia di teste in gres, dello stesso colore dei lapilli, che si spargono come conchiglie sulla sabbia. Una sola testa recisa assume proporzioni reali e prende le distanze dal tappeto vulcanico: è una testa di San Gennaro, in onice traslucido messicano. Le teste ci riportano alle decapitazioni di San Gennaro, Desiderio, Festo, Sossio, Procolo, Eutiche e Acuzio, secondo il mito, avvenute presso il Forum Vulcani. C’è proprio il Vesuvio alla base della diffusione del culto di San Gennaro, un legame che risale all’eruzione del 1631, una delle più disastrose, quando la lava lambì la città arrestandosi a Porta Capuana − a due passi da Made in Cloister − al cospetto del Santo portato in processione. Drummer fronteggia due dipinti realizzati a olio e zolfo sul rame. I dipinti rappresentano due santi, uno tratto da José de Ribera (San Paolo Eremita) e l’altro dal suo allievo Luca Giordano (San Bartolomeo scorticato). Le pitture su rame sono incastonate nelle finestre cieche di una delle pareti del Chiostro, e come occhi lacrimano pigmento, lunghi filamenti di pittura a olio staccati dal supporto in rame e lasciati scivolare a terra. Su un altro lato del chiostro sono collocati sei affreschi derivati da una medesima fonte − un Marsia appeso a un albero tratto dall’omonima scultura conservata nei Musei Capitolini di Roma − sottoposta a sei strappi consecutivi che consentono di entrare fin nelle profondità dell’intonaco e nel corpo dell’immagine. Infine, una sequenza di piccoli dipinti su onice che completano la mostra, oli che accerchiano ferite coincidenti con i geodi delle pietre, cavità spontanee che diventano, di volta in volta, il collo reciso di San Gennaro, la piaga sul costato di Cristo o le ferite lasciate dalle frecce sul corpo di San Sebastiano.
La mostra ha un suggestivo sviluppo, sino al prossimo 16 marzo, nel magico scenario della collezione Villa dei Papiri al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. In queste sale, sette sculture dell’artista entrano in dialogo con i famosi busti ed i bronzi della Villa dei Papiri di Ercolano : Samorì, sempre attento a rileggere le opere d’arte del passato, crea così un percorso emozionale dall’antico al contemporaneo, in un allestimento sobrio, che valorizza le suggestioni sempre attuali dei reperti. Spiccano, in questa integrazione di “Black Square” negli spazi del MANN, le teste classicheggianti “trattate” in un sapiente gioco di forme e materiali: ripensare la dimensione di ieri, infatti, significa scarnificare, tagliare, per poi ricostruire immagini. “Tutti i lavori in mostra parlano della trasformazione della materia, rivelano il potenziale della decadenza e l’energia primigenia della creazione, della degenerazione e della rigenerazione.” Con questa affermazione Nicola Samorì introduce il suo progetto realizzato per la Fondazione Made in Cloister. Ed è proprio “il potenziale della decadenza” che ispirerà il talk previsto durante l’inaugurazione al pubblico della mostra al Chiostro di S. Caterina sabato 18 gennaio. La Fondazione affronta da anni il tema del contributo dell’arte nei processi di rigenerazione delle periferie urbane, organizzando in contemporanea con l’apertura delle mostre un confronto tra l’artista, le istituzioni, gli urbanisti, le imprese, i Musei ed i luoghi della cultura internazionale.
Sabato 18 gennaio 2020
dalle ore 10,00 alle ore 18,00 – Opening ad inviti della mostra
ore 11,00 – talk aperto al pubblico – L’arte della rigenerazione: il potenziale della decadenzaSaluti del Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris; Introduce Davide de Blasio, Fondazione Made in Cloister, Modera il Prof. Stefano Monti, partner di Monti & Taft ; Interventi di : Federica Brancaccio, Presidente ACEN; Prof. Carmine Piscopo, Assessore ai Beni Comuni ed all’Urbanistica del Comune di Napoli; Prof. Giorgio Ventre, Direttore Scientifico iOS Developer Academy, Università Federico II di Napoli.
La Fondazione Made in Cloister
Lo spazio dell’ex-Chiostro della Chiesa di S. Caterina a Formiello, affidato alla Fondazione Made in Cloister nell’ambito di un articolato progetto di rinascita e rigenerazione dell’area di Porta Capuana, è stato inaugurato nel Maggio 2016 – dopo un lungo lavoro di recupero e restauro – con la grande mostra di Laurie Anderson, The Withness of the Body. Da allora la Fondazione invita artisti internazionali a realizzare progetti artistici site-specific in grado di dialogare con lo spazio, con il quartiere e con le tecniche artigianali locali. Tadashi Kawamata, Mimmo Paladino, Liu Jianhua, Natee Utarit, prima di Nicola Samorì, sono stati protagonisti di progetti realizzati dalla Fondazione nel perseguimento del sua missione di rilanciare le tradizioni artigianali rinnovandole con spirito contemporaneo grazie alla collaborazione di artisti e designer.
ORARI DI APERTURA
Dal martedì al sabato
dalle 10 alle 18
Per informazioni: