“Nero Ananas” – Nell’Italia degli anni bui
Per diversi giorni l’ho lasciato lì, sul comodino, senza toccarlo, senza sfiorarlo, limitandomi a guardarlo per minuti e minuti prima di addormentarmi, perché l’ho immaginato bello e non volevo sciuparlo in una lettura distratta e notturna. Alla fine però l’ho aperto e ho iniziato ad assaporarne i capitoli, le pagine, le parole.
“È un odore di dicembre, di nebbia, di fiati. Di persiane serrate, di bandiere listate a lutto. Di silenzio…”
“Nero Ananas” di Valerio Aiolli (Voland 2019, Collana Intrecci, pp. 352, euro 17) comincia così, con quel 12 dicembre che non vuole andare via dalla memoria. Con quella perdita di innocenza che ancora dura, con quei morti che tutte le volte che mi trovo a passare davanti a quell’edificio mi sembra di rivedere e di risentire l’odore di cordite, di trame assassine, di strategie, di politico marciume, di angoscia. In questo clima di indecifrabili giochi di potere, di anarchici innocenti o colpevoli, un politico così devoto da essere soprannominato Il Pio inizia la sua inesorabile scalata al potere. La storia si dipana per quattro lunghi anni incandescenti, fatti di fughe e ritorni, di servizi segreti deviati, di destini che si incrociano. Anni di odio e amore, anni raccontati con precisione sorprendente, con una capacità narrativa notevole, appassionante.
L’avevo immaginato bello e così è stato. Per questo avevo timore a iniziarne la lettura, perché “Nero Ananas” è uno di quei libri che vorresti non finissero mai, perché quando si arriva all’ultima pagina si vorrebbe continuare, per scoprire il tempo che viene o che verrà. E si vorrebbe sapere, conoscere, approfondire la storia di quegli anni bui. E capire, finalmente, capire cosa è stato e sperare che non sarà mai più.
Francesco De Masi