NELLE MANI DI UN DIO ESAGERATO di Caterina Falconi
Non ho una particolare affezione nei confronti dei romanzi fantasy, anzi direi piuttosto una innata contrarietà. Ma consapevole che non bisogna partire prevenuti e che le idee devono essere sostenute dai fatti ho cominciato a leggere, anche perché abbastanza incuriosito dal titolo, il libro di Caterina Falconi, Nelle mani di un Dio esagerato (Teomedia).
Le prime pagine sembravano una conferma ai miei dubbi. “La sera si stava aprendo un varco nel tramonto, e le prime stelle iniziavano a comparire come un pallido e progressivo esantema sulla vellutata pelle del cielo…” Non che mi aspettassi la maestosità di Gadda: “E alle stecche delle persiane già l’alba. Il gallo, improvvisamente, la suscitò dai monti lontani, perentorio ed ignaro, come ogni volta. La invitava ad accedere e ad elencare i gelsi, nella solitudine della campagna apparita” ma la descrizione a ben pensarci non era male e comunque c’era qualcosa che mi spingeva non a confrontare ma a scoprire. Non ho sbagliato nell’andare avanti perché la lettura si è rivelata piacevolissima, una pagina dopo l’altra avvinto nei sogni che scaturivano in un crescendo rossiniano rimandando inconsciamente ora a Lewis Carroll e ad Alice, ora a Stephen King e alle sue Cose Preziose. Intanto ritengo estremamente riduttivo etichettare il libro della Falconi come “fantasy”, non ci sono draghi, né principesse di regni improbabili, non c’è battaglia con avveniristiche astronavi nei cieli di sperdute galassie, ma c’è il nostro mondo, fatto di finestre che si spalancano al giorno, di caffè gorgogliante, di biscotti, di studenti poveri dal linguaggio barocco, stralunati professori, automobili sgangherate e sogni. Sogni che si rincorrono, si mischiano, si sovrappongono, si interrompono e riprendono come una suonata per violino, dolcemente nell’ouverture e poi un andante con brio che spinge alla risata o alla tenerezza, ma comunque sempre ad amare i personaggi che magicamente vengono fuori dalla penna dell’autrice. E sono personaggi ben delineati non solo nei tratti fisici ma in tutto il resto, specialmente nel linguaggio ora forbito, ora mediocre, con cadenze regionali o sfumature da Accademia della Crusca. Sono arrivato all’ultima pagina senza ricredermi sul genere fantasy, ma amando questo libro; e non so dire se sia stato per una burla di Oniro, ma devo confessare che ho sognato anch’io. E in maniera esagerata.
Francesco De Masi