“Nei miei spettacoli le canzoni portano avanti la drammaturgia” – Intervista a Gipo Gurrado
In occasione della release di “Family – A Modern Musical Comedy”, disco tratto dall’omonimo spettacolo, incontriamo l’autore e regista Gipo Gurrado per addentrarci nel suo modo di intendere il musical.
Buongiorno Gipo e benvenuto su Modulazioni Temporali, siamo felici di averti qui per parlare di FAMILY – A Modern Musical Comedy. Come e quando nasce l’idea di questo spettacolo?
“FAMILY – A modern musical comedy” arriva da lontano. Avevo in mente di fare uno spettacolo su una famiglia vista da un particolare punto di vista, quello del membro più sensibile, empatico e intelligente, ossia il cane, da molto tempo. Ancora prima di scrivere “SUPERMARKET – A modern musical tragedy”, lo spettacolo che ha iniziato la mia collaborazione con il centro di produzione teatrale Elsinor, avevo nel cassetto questo progetto. Fortunatamente il successo di SUPERMARKET mi ha messo nelle condizioni di poterlo fare. Inoltre, tra posticipi e pandemie, il destino a voluto che FAMILY diventasse un vero e proprio omaggio a Pina, la cagnolona che per tredici anni ha vissuto con me ed Elena Scalet, l’attrice che nello spettacolo interpreta la madre.
Nella forma Musical, le coreografie e i movimenti sono fondamentali. Hai lavorato con Maja Delak. Che sinergia si è creata tra di voi e come è stata la collaborazione, dal processo creativo fino alla messa in scena?
Conobbi Maja Delak a Lubiana nel 2008. Ero ad un festival in Slovenia con uno spettacolo e vidi un suo lavoro meraviglioso e sorprendente. In seguito, nello stesso anno, Maja mi coinvolse in un progetto di danza come compositore e fu per me un’esperienza artistica e formativa fondamentale. Lo spettacolo si intitolava “Drage Drage” e vedeva otto danzatrici in scena. Dopo quell’esperienza rimase la voglia di lavorare ancora assieme. SUPERMARKET fu l’occasione giusta. E la collaborazione è proseguita anche per FAMILY. Maja è una coreografa e regista dotata di una grandissima sensibilità e creatività. È una lezione di teatro per tutto il cast vederla lavorare, e sono sempre contento e vagamente stupito che accetti di partecipare a questi miei progetti, come dice lei, “totally crazy”. Il fatto che parli un’altra lingua e non capisca subito, e a volte mai del tutto, il doppio senso di alcune espressioni e dell’ironia dei testi è un vantaggio perché questa sua mancanza la fa scavare ancora più a fondo nella ricerca di una fisicità originale e sorprendente. Maja è indispensabile.
Puoi introdurci brevemente gli attori e i personaggi da loro interpretati?
Al centro del racconto c’è una famiglia costituita da una madre (Elena Scalet) premurosa e insistente, un padre distratto e assente (Marco Rizzo) e i tre figli. Il più grande (Andrea Lietti), in carriera, è sempre di fretta, la figlia (Ilaria Longo) vive con il fidanzato (Giovanni Longhin) e cerca sempre consensi, il più piccolo (Nicola Lorusso) vive ancora a casa ed è lui che, insieme alla madre, si prende cura del cane interpretato da Paola Tintinelli. La madre convoca tutti i membri della famiglia a cena perché deve fare una comunicazione importante e, mentre si prepara la tavola, il televisore, interpretato da Roberto Marinelli, è sempre acceso. Succede tanto senza che nulla accada. Come sempre quando le famiglie si riuniscono.
Sulla scia del successo a teatro, hai poi avuto l’originale idea di pubblicare un vinile che racchiude i momenti più importanti dello spettacolo. Da cosa è nata questa necessità?
FAMILY è uno spettacolo fatto di canzoni. Questa mia personalissima ricerca di dare una nuova veste al genere, fondata nella lontananza dagli stereotipi generalmente collegati al “musical”, è iniziata con “Modì” nel 2012, è proseguita con “Piombo” nel 2017 e poi “Supermarket “ e “Family” rappresentano altre due tappe. Nei miei spettacoli sono le canzoni a portare avanti la drammaturgia e la necessità di avere un supporto discografico che racchiude tutto il racconto si presenta naturalmente. Questa volta però, grazie alla collaborazione con lo studio Indiehub, è stato tutto naturale e semplice. Poi, visto che lo spettacolo è ambientato negli anni Ottanta, ci siamo detti “facciamo il vinile!”
Per la produzione, la registrazione e il mix ti sei avvalso della collaborazione di Stefano Giungato di Indiehub, una figura che ben conosce il cantautorato tanto caro anche a te. Quando è iniziato il vostro rapporto professionale e nello specifico com’è stato lavorare insieme a questo disco?
Stefano Giungato è il produttore e ingegnere del suono proprietario, insieme ad Andrea Dolcino, dello studio Indiehub. Io frequento lo studio da quando ha aperto, intorno al 2012, e negli anni vi ho registrato molti progetti discografici, colonne sonore e podcast. Ora faccio parte del team. È uno studio unico a Milano, infatti un giorno puoi incontrare Ornella Vanoni o Enrico Pieranunzi e quello successivo Lazza o Dito nella piaga, e Stefano è sempre nella stanza dei bottoni con ognuno di questi artisti. La produzione del vinile di FAMILY non poteva cadere in mani migliori.
Cosa significa per te fare Musical, anzi Modern Musical, in Italia nel presente e nell’attuale società sempre più digitale, avvezza allo streaming e meno alle sale o al palco?
Io credo, anzi so, che ci sono tantissimi modi di fare teatro di prosa. Forse infiniti. Allo stesso tempo sono convinto ci siano anche molti, infiniti modi, di fare teatro musicale o, se così vogliamo chiamarlo, “musical”. Invece, per “colpa” dei meravigliosi spettacoli che arrivano dall’estero come “Cats”, “Rent”, “Chorus Line”, “Grease” (e potrei andare avanti) si è diffusa la percezione che il musical si possa fare solo così: spettacolari coreografie di gruppo, luci accecanti, brillantini, virtuosismi vocali. Io sto esplorando un nuovo modo e posso dire che il pubblico in sala, dopo pochi minuti, si dimentica la definizione dello spettacolo che sta vedendo: musical? prosa? non ha importanza. Quello che importa è la sostanza. Quindi credo che la ricerca di un nuovo codice, di un nuovo modo di fare le cose, sia fondamentale e vitale per la creatività. Ovviamente nell’epoca dello streaming è complicato e la concorrenza di intrattenimento è alta e spietata, ma ogni epoca ha le sue sfide. E accettare le sfide è divertente.
Ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicati e ti lasciamo un ultimo spazio totalmente libero per concludere come preferisci.
Grazie a voi per le domande e la curiosità. E per il coraggio di non farvi spaventare dalla parola “musical”. Perché è complicato, da queste parti, combattere con i pregiudizi rispetto a una forma teatrale. Spesso la parola “musical” allontana e molte persone, anche addetti ai lavori o cosiddetti “critici”, temono di entrare in sala a vedere i miei modern musical perché si aspettano, appunto, una versione “vorrei ma non posso” di “Grease” e di “Sette spose per sette fratelli”. A volte il coraggio che artisti mettono nelle loro creazioni, che non tutte diventano “opere d’arte”, ci mancherebbe, manca proprio a chi queste creazioni dovrebbe veicolarle. Quindi grazie a voi.
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