“NAEEMA RUBER” DI ILARIA DRAGO AL BRANCACCINO
Lo spazio del Brancaccino non è l’ideale per “Naeema Ruber”, lo spettacolo di Ilaria Drago che, per essere apprezzato ha bisogno che il pubblico sia a contatto con la scena, magari la circondi in qualche modo o perlomeno sia abbastanza vicino da udire il respiro, i palpiti e i passi di Alessandra Cristiani e Paolo Grimaldi.
È l’incontro, tra le mine e le bombe, tra un soldato ebreo e una donna palestinese a terra, ancora viva sotto le macerie che hanno il coraggio di toccarsi, di penetrarsi e di amarsi. E così Alessandra Cristiani diventa ora un’edera per germogliare sul corpo di questo uomo, ora una biscia per sfuggire via prima del prossimo attacco: i suoi movimenti non tradiscono mai, il suo corpo urla a ogni scatto, disegna ogni linea di pensiero sia se completamente nudo o se coperto da veli leggeri, sia nel movimento lento che attrae e protegge o nelle inevitabili nevrosi di fuga e morte.
Sulle musiche di Meira Asher e le luci che strappano dolore al buio di Max Mugnai, incontriamo due vite lontane, due sogni diversi, ma un amore. Israele e Palestina disegnati con la loro lacerazione di sempre sono qui uniti da una forza contro corrente, da una poesia impetuosa, ma forse più distruttrice e dolorosa del conflitto stesso. Tutto nega tutto e poi si ricompone, inevitabilmente. È impossibile contrastarlo, l’amore.
Marianna Zito