“Museo Pasolini”, il capolavoro di Ascanio Celestini
Si può portare in giro un museo di parole? Ascanio Celestini ci riesce benissimo e lo fa con la vita del poeta e scrittore Pier Paolo Pasolini, in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna nei giorni che hanno toccato il centenario dalla nascita del nostro amato scrittore.
Il titolo dello spettacolo è appunto “Museo Pasolini” che, in una scenografia essenziale, di pochi oggetti e poca luce – una porta, una sedia, una bacinella, una bottiglia, due lumi e scatole sparse – vede Celestini srotolare in poco più di due ore un capolavoro di parole, a narrare tutta la vita di Pasolini, dalla nascita alla morte, racchiusa nel quadro storico di quegli anni, dell’Italia fascista, di quello che c’è stato prima e quello che arriverà poi.
Nel mezzo ci sono le vicende familiari, le denunce e i processi, le pubblicazioni narrative e poetiche, il cinema: si mantiene vivo il ricordo, la memoria in un crocevia di parole interminabili, di salti nel tempo, di gioie e dolori. Il pubblico ha il fiato sospeso, l’attenzione è sempre alta perché Ascanio Celestini sa perfettamente ciò che vuole dire e il messaggio che vuole imprimere. Passa da un anno all’altro, da una vicenda all’altra, da un personaggio all’altro come se stesse raccontando la sua di vita, come se stesse narrando cose che lui stesso ha visto e toccato.
“Museo Pasolini” è un museo di parole, di poesia e di vita che si frantumano all’Idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975, quando un uomo diviene spazzatura, corpo senza vita, senza respiro e senza nome. Celestini ne serba la memoria, non oggetti, ma l’inconsumabile poesia.
Marianna Zito