Moni Ovadia inaugura la stagione estiva di Saluzzo
Saluzzo, provincia ëd Coni, nonché Provincia Granda dël Piemont: terra di San Chiaffredo, Silvio Pellico, Giovan Battista Bodoni, Carlo Alberto Dalla Chiesa. Era di questo marchesato anche (e soprattutto, forse) l’enigmatica Griselda, abnegante protagonista dell’ultima novella del Decameron, moglie dell’umorale e spietato Gualtieri. Qui, nella splendida zona pedonale della parte bassa della città, c’è un cinema molto grazioso intitolato a Magda Olivero, eccelsa soprano saluzzese esportata persino negli States (dove però venne considerata alla stregua di Florence Foster Jenkins). La dicitura corretta è Cinema Teatro Magda Olivero, già perché anche grazie alla fondazione Piemonte dal Vivo si è organizzata una stagione teatrale estiva di tutto rispetto. Per le serate asciutte è stato poi selezionato uno spazio all’aperto: l’ex Caserma Mario Musso. Ma se piove, niente paura: c’è sempre il succitato cinema-teatro di via Palazzo di Città.
Tutto è iniziato sabato scorso, il 5 giugno, quando alle 21.00 è salito puntuale sul palco niente meno che Moni Ovadia per presentare il suo nuovo spettacolo. Laudato si’, realizzato grazie a Corvino Produzioni, è un reading letterario (come vengono definiti oggi, dice lui) che analizza e interpreta la seconda enciclica di Papa Francesco (Lumen fidei, 29 giugno 2013; Laudato si’, 24 maggio 2015; Fratelli tutti, 3 ottobre 2020). Molti dicono che tutto sia possibile, ma di certo non che il sottoscritto si permetta di eccepire alcunché quando si parla di Ovadia: al netto dei contenuti sicuramente politicizzati (ma non per questo propagandistici), il suo spettacolo racconta alcune inoppugnabili verità di carattere sociale, economico e culturale. Ovadia parte da un’antologia del testo di Francesco, che a sua volta è basata su di un assioma facilmente condivisibile: Niente di questo mondo ci risulta indifferente; esistono cioè delle interdipendenze, dei legami logici fra gli eventi – un Effetto Farfalla, per dirla in breve – e molto spesso noi non abbiamo una visione d’insieme che ci consenta di migliorarci, ma appunto la stessa dinamica teorizzata da Edward Lorenz negli anni Sessanta (basata peraltro su ciò che Ray Bradbury aveva già compreso nel 1952 con Rumore di tuono) la possiamo ritrovare nella nostra esistenza di tutti i giorni su scale diverse: Gino evade le tasse, di conseguenza Dino non trova una scuola pubblica senza barriere architettoniche per il figlio disabile; certi fascisti di quart’ordine decidono forse di mutilare l’Amazzonia o il Mato Grosso? D’accordo, però la devastazione climatica colpirà indistintamente Milwaukee, Voghera, Islamabad e Phnom Penh. Esistono, cioè, degli ambiti in cui le sovranità nazionali, a rigor di buonsenso, non dovrebbero più avere potere decisionale: l’organizzazione sociopolitica (e quindi anche economica) dell’intero mondo andrebbe affidata ad un comitato planetario di altruisti e tolleranti che abbiano ben chiaro il paradosso di Karl Popper (cfr La società aperta e i suoi nemici, 1945) e che soprattutto riconoscano il valore dell’ecologia e della giustizia sociale. Da questo presupposto, Ovadia decolla e monologa per quasi un’ora e mezza in maniera impeccabile: energico, inattaccabile, rigoroso nell’argomentazione, pragmatico ma anche propositivo, e se serve persino incoraggiante. Dal punto di vista retorico e filosofico, anche sforzandosi sarebbe pressoché impossibile contestare uno qualunque dei suoi ragionamenti, soprattutto se si pensa ai ponti che idealmente tenta di costruire anche tra le religioni: lui è agnostico, per carità, ma va pur sempre in giro con la kippah degli Ebrei maschi che rispettano Yahweh h24; eppure sceglie la quintessenza letteraria del cattolicesimo contemporaneo per proporre la sua irreprensibile visione delle cose. È chiaro: questa convergenza è pensabile ed attuabile con Francesco, probabilmente un’enciclica di Ratzinger lo avrebbe ispirato meno (con tutte quelle critiche ai metodi contraccettivi, al relativismo e all’inclinazione, oggettivamente disordinata, di chi non insegue l’altro sesso). Ma magari ci sbagliamo.
Oltre a Moni Ovadia, gli appuntamenti del Magda Olivero (tutti economicamente concilianti) saranno sei. Il 26 giugno, un testo di Fabrizio Coniglio contro il demone del profitto senza etica; il 3 luglio, Alessio Boni e Marcello Prayer celebrano Dante. Ad agosto ce ne andiamo al mare, vaccini permettendo, e poi a settembre avremo Sergio Maifredi, Elio Germano, Marco D’Agostin e La bisbetica domata del Teatro Stabile del Veneto.
Davide Maria Azzarello