“Mico”, il primo album di inediti di Michele Santoriello con il featuring di Fabrizio Bosso – L’intervista
Michele Santoriello, in arte Mico, compositore, musicista e arrangiatore, ha pubblicato da poco il suo primo album di inediti, omonimo, per Abeat Records con il featuring di Fabrizio Bosso. L’artista ha alle spalle una ricchissima carriera musicale e in questo primo lavoro discografico sono compresi otto brani inediti più la cover di “Creepin’” di Stevie Wonder. Scopriamo qualcosa in più dal diretto interessato.
Qual è stata la tempistica di gestazione di “Mico”?
In realtà non saprei dirlo di preciso. È stata molto lunga, soprattutto mettere insieme tutti i pezzi del puzzle ha richiesto tanto tempo. Alcuni brani erano nel “cassetto” da anni, altri sono più recenti. Da diversi anni volevo esprimere le mie idee in un progetto unitario. Ho anche avuto la fortuna di avere al mio fianco alcune persone che mi hanno spinto a portare avanti questo mio progetto. Con molta costanza sono andato avanti, fino a vedere concretizzato questo album: diciamo che l’anno più intenso di lavoro è stato il 2020.
Come hai coinvolto i musicisti e in particolare il featuring di Fabrizio Bosso?
Come dicevo, ho avuto la fortuna di avere al mio fianco persone che hanno creduto in me e alcune di queste suonano nel disco. Siamo tutti amici e questo fa la differenza. Suoniamo da tanto tempo insieme e viviamo tutti la Musica con la stessa intenzione. Liberi e complici.
L’esperienza con Fabrizio Bosso è stata emozionante ed è arrivata in maniera molto semplice: gli ho inviato i miei brani chiedendogli se fosse interessato a suonarne qualcuno. I miei pezzi gli sono piaciuti molto, così abbiamo cominciato ad impostare la collaborazione. Poter sentire la sua tromba suonare le mie note, su una musica che già, per me, ha un enorme carico emozionale, è stato qualcosa di impareggiabile. Quello che scrivo proviene da emozioni e momenti di vita vissuta e Fabrizio, e come lui tutti i grandi musicisti che ho scelto per questo progetto, è riuscito a coglierli, enfatizzarli ed esprimerli in maniera sublime.
Il brano “Don’t cross the railway” inizia in modo molto pacato per poi accogliere nella seconda parte un’intenzione rock negli interventi di chitarra elettrica, che tipo di ricerca sonora hai svolto e in quale sonorità ti riconosci meglio?
Non c’è stata una ricerca consapevole e studiata. C’è solo emozione. “Don’t cross the railway” racconta un periodo molto, molto difficile della mia vita. Immagina di essere alla stazione dei treni e di veder partire la persona che ami. L’unica persona al mondo che ti capisce e che ti aiuta a trovare il tuo centro. Il treno lascia la stazione e davanti a te rimane solo la scritta “Do not cross the railway” sul cemento. Nei momenti che seguono, la tua mente è un vortice di pensieri, angosce, paure, insicurezze… Ho scritto questo pezzo di getto, in auto, in superstrada, tornando da quella stazione. Molto tempo dopo ho raccontato la storia della nascita di questa musica, in studio, ai musicisti. Ho spiegato loro quel momento difficile che avevo vissuto e che volevo esprimere. I suoni e l’intenzione giusti sono arrivati subito.
L’idea della copertina da dove è venuta, cosa rappresenta l’impronta?
L’impronta è la zampa del mio gatto, che per me era un amico… aveva una macchia nera a forma di cuore sul polpastrello di una zampa. Era tutto bianco e nero. Bellissimo e simpaticissimo. La copertina è sia un omaggio a lui, a cui avevo promesso che avrei finito il disco, sia un simbolo per me importante perché racchiude dentro di sé tanti altri messaggi: lasciare un segno, seguire una traccia, mettere la tua firma.
Sei un compositore non solo di jazz, ma anche di musical, quali difficoltà o peculiarità di scrittura hai riscontrato, dato che si tratta di generi molto diversi tra loro?
Non sono all’altezza di essere definito “compositore di jazz”. Ho solo la voglia e la capacità di tradurre le mie emozioni in musica. Il musical è stato un unicum, una collaborazione che mi è stata proposta e con cui mi sono messo alla prova; mi ha permesso di capire i miei limiti. Nel musical la musica dev’essere al servizio della storia che sta andando in scena. C’è tutto un lavoro enorme di incastro con i copioni, i balletti, il recitato ecc. In MiCO mi sono dovuto “solo” preoccupare di esprimere me stesso. A differenza di molti altri progetti in cui ho lavorato come compositore, MiCO sono io, è l’espressione di emozioni e di vita vissuta, raccontata in musica.
Hai avviato il progetto Easy Wonder, che punta alla rivisitazione dei brani di Stevie Wonder in chiave latin/jazz/fusion, ne dai un assaggio con “Creepin’”?
Esatto. Easy Wonder è stato uno dei miei progetti preferiti. Amo Stevie Wonder da quando sono bambino. Registravo le sue canzoni su audiocassetta aspettando che in tv arrivasse la pubblicità dei crackers con la sua “Sir Duke”. Quando ne ho avuto la possibilità ho provato a tributare un omaggio a questo enorme Artista, colonna portante del soul ma in generale, penso, della Musica nel mondo. In MiCO ho cercato umilmente di riproporre un arrangiamento strumentale di uno dei suoi capolavori: “Creepin’”.
Quali sono i tuoi prossimi progetti, uscirà un nuovo singolo?
Ora il desiderio principale è quello di suonare dal vivo! Vorrei poter fare tanti concerti, MiCO è una formazione che esprime tutto il suo potenziale dal vivo! In questo lungo anno di chiusure, il palco mi è mancato tantissimo: sia da musicista che da spettatore. Ho anche molte cose in cantiere che vorrei concretizzare in un “MiCO volume 2”, ma un passo alla volta… Grazie a tutti!
Roberta Usardi
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