“Mia madre” – L’intenso graphic novel di Li Kunwu
Li Kunwu omaggia sua madre, delineandone l’esistenza, disegnando la crescita di una bambina cinese, a partire dagli anni ’30 fino alla proclamazione della Repubblica popolare da parte del presidente Mao Zedong. Una vita che parte dall’infanzia di Xinzhen – che significa “cuore sincero” – in un momento caotico e instabile, attraversato dai tumulti e dalla guerra, dall’invasione Giapponese e dalla lotta tra il Partito nazionalista e il Partito comunista cinese, che ci permette di percorrere non solo tre generazioni, ma anche di comprendere il punto di vista della gente comune di quel tempo, le loro usanze e tradizioni, in una Cina arretrata culturalmente e analfabeta. Un periodo caratterizzato dalla povertà, dove essere donna, all’interno di una gerarchia sociale molto rigida, aveva grandi limiti e un unico obiettivo: sposarsi e generare dei figli.
Divisa tra il villaggio di campagna materno e Kunming – nella provincia dello Yunnan – la città in cui lavora suo padre per il generale Gu, per Xinzhen si fa luce quella che sarà la sua unica possibilità di cambiamento e indipendenza: studiare e, tra le altre cose, imparare lo Zhusuan. Una scelta che la Xinzhen prima bambina e poi adolescente affronterà con determinazione e umiltà, cambiando in questo modo il corso di tutto il suo destino, e non solo.
“Mia madre” (add Editore, Collana Asia, pp. 199, euro 19.50, traduzione dal francese di Giovanni Zucca) con la prefazione di Giada Messetti, è un graphic novel intenso, un gesto d’amore. È la macchia delicata di un meraviglioso acquerello nero, che prende sfumature rosa quando arriva sulle guance di Xinzhen – che in copertina diventano sole o luna – per riempire tavole bianche a raccontare l’intimità di una vita. E per farlo Li Kunwu utilizza diversi linguaggi, da quello grafico e iconografico, a quello verbale, onomatopeico e didascalico. Lo fa raccontando con i tratti stessi la violenza, che deforma e rende sgraziati i volti degli adulti, delle donne e i corpi dei bambini, intensificandone l’oscurità, la sottomissione e l’arretratezza; lo fa con tavole in continuo tumulto e movimento dall’effetto cinematografico, e ancora con tavole lente, quasi immobili a descrivere un immaginario onirico. “Mia madre” va a completare gli anni che precedono l’autobiografia di Li Kunwu della trilogia “Una vita cinese”, e trova un punto cruciale e di un’unione proprio nelle sue ultime pagine. Arrivano a noi riproducendo una carta tipica dello Yunnan, al cui interno sembrano incastrate tante pagliuzze dorate, a sottolineare la preziosità di questi lavori, che appartengono non solo a singole vite ma a un intero popolo.
Marianna Zito