“Mater Matera” – Ciò che resta di una Madre Terra
“I sassi di Matera non ci sono più. I sassi di oggi sono un’altra cosa. I sassi di una volta sono scomparsi perché i sassi erano la vita della gente nei sassi…”. – Domenico Notarangelo
“È così bella la città dove ho deciso di ritornare, che quasi mi piacerebbe non arrivarci mai…” sono le prime parole di Di Consoli, che – dopo la proclamazione a Città della Cultura – fa ritorno a Matera per studiare subito gli effetti di questo fenomeno turistico nuovo. Da queste parole fiorisce sin da subito quella nostalgia che stiamo per vedere nelle immagini a seguire, da dove nasce immediatamente quel groppo in gola che spesso preferisce ignorare questo legame ancora saldo e profondo.
Matera 2019. Capitale Europea della Cultura. Ma cosa è successo davvero quest’anno a Matera? Cosa è stato fatto per intensificarla questa cultura e soprattutto cosa è stato fatto per arrivare ad ammirarla con più facilità, per creare occasioni lavorative perduranti nel tempo? Abbiamo finalmente una stazione ferroviaria dove arrivano i treni ad alta velocità o bisogna ancora scendere a Ferrandina? Domande che nascono, non senza un sorriso ironico, guardando il bellissimo cofanetto “Mater Matera” edito da Castelvecchi, contenente un libriccino con un’intervista e un dvd con un documentario. Mater Matera, la Madre.
Il documentario sofferto “Mater Matera” (2015, 53’) scritto da Andrea Di Consoli e diretto da Simone Aleandri, prodotto da Sandro Bartolotti, Clipper Media in collaborazione con Rai Cinema, ferma l’attimo che precede questo presunto e agognato cambiamento. Ad accompagnare oggi le immagini del documentario sono le parole dell’intervista di Roberto Moliterni ad Andrea Di Consoli da cui nasce “Mater Matera. Appunti, ricordi e impressioni sul Mezzogiorno” (Castelvecchi 2019, libro + DVD, pp. 70, euro 16). Roberto Moliterni fu indicato a Di Consoli, Aleandri e Bartolotti come possibile sceneggiatore del documentario dalla Lucana Film Commission.
Si provano innanzitutto a delineare quelle stratificazioni culturali, economiche e sociali che hanno portato questa città a essere quello che è oggi, in quel cambiamento che ha visto solo il riempirsi di hotel e b&b in tutti i periodi dell’anno, una promozione turistica per ammirare questo paesaggio unico, questa “bellissima cartolina che, però, una volta girata, dietro non ha scritto niente”. È sofferto, questo documentario, come tutte quelle cose che ci legano a questa terra lontana che è la Basilicata ma che, allo stesso tempo, resta sempre vicina per chi da lì arriva. Un rapporto viscerale che ci lega a questa terra ricca di tradizione, si pensi ad esempio alla solennità, alla forza e alla violenza che scaturisce durante la festa della Madonna della Bruna, che vediamo nelle immagini del documentario, che rimane forse ancora uno dei momenti “incontaminati” di questo posto, un rito di riscatto per chi lo compie; una terra ricca di piazze, di memoria e di poeti, ma che allo stesso tempo risprofonda continuamente in quella sua miseria insita, da cui forse non vuole uscire, che la identifica e le regala al tempo stesso fascino e bellezza, una bellezza uguale solo a Gerusalemme ma che Pasolini scelse per girare il suo Vangelo, chiamandola presepio. Matera nasce dalla miseria e dall’umiltà della civiltà contadina meridionale, civiltà che per questa immensa creazione non ha avuto nulla in cambio: a raccoglierne i frutti è stato ed è chi per questa terra non ha mai fatto niente, “una borghesia che, però, quella bellezza non l’ha creata”.
Funzionerà questo cambiamento? Funzionerà per tutti o solo per pochi? Hanno o avranno tutti la possibilità di aderire a questa “repubblica platonica della cultura”? Quello che c’era in passato sta piano piano sparendo per lasciare il posto a una sorta di modernità sconosciuta, “una nuova utopia post-industriale”. Sarà sempre la Basilicata quel posto e quel rifugio, amato e odiato, dove vorremo tornare?
È stata attraversata dalle parole di Isabella Morra, Leonardo Sinisgalli, Rocco Scotellaro, Albino Pierro, e altri poeti e scrittori, sconosciuti al resto della popolazione italiana. Fu il torinese Primo Levi – di cui nel documentario vediamo le immagini inedite dei funerali – a sollevarle, queste parole portandole oltre i confini di questa terra. Ce lo raccontano qui Domenico Mimì Notarangelo,che ci ha lasciato nel 2016, Antonio Petrocelli, Mario Trufelli e altre voci ancora, tra cui quella fresca e sincera della gente del posto.
Guardiamo così Matera, da lontano. È come se restasse lì, immobile, mentre il resto del mondo va avanti.
Marianna Zito