“MASCHERE GROTTESCHE – L’INFORME E IL DEFORME NELLA LETTERATURA DELL’OTTOCENTO” DI VANESSA PIETRANTONIO
Vanessa Pietrantonio con “MASCHERE GROTTESCHE – L’INFORME E IL DEFORME NELLA LETTERATURA DELL’OTTOCENTO” (Donzelli Editore, pp. 193, euro 25) ci porta nell’immaginario dell’Europa ottocentesca attraverso un’analisi della rappresentazione grottesca, compiuta all’interno di alcune importanti opere letterarie. Il grottesco, secondo Hugo, rappresenta la bestia umana e utilizza due artifici retorici e simbolici per scandagliare il male quando il vizio e la passione prendono il sopravvento: “il deforme e l’orribile” da una parte e “il comico e il buffonesco” dall’altra, espedienti attuabili soprattutto attraverso la scrittura.
Il punto di partenza di questo “fenomeno” viene individuato nella Rivoluzione francese, che sancisce quel cambiamento radicale che provocò una forte “eccitazione collettiva”, come la definì Mme De Stäel. Fu un momento di orrore, dalla carestia al regicidio, che portò al crollo di ogni forma di ordine sociale: tutto ha, quindi, inizio a Parigi, nella notte tra il 14 e il 15 luglio del 1789, con la presa della Bastiglia da parte di un popolo delirante e inferocito. Hippolyte Taine lo chiamerà il momento della “dissoluzione”, mentre Foucault individua, in questa situazione, non uno ma ben due mostri: il “mostro antropofago” dal basso, rappresentato dal popolo in rivolta contro il “mostro incestuoso” dall’alto, la figura del re. La sconfitta di quest’ultimo corrisponde alla fine del potere che, per forza di cose, sfocia verso un’illimitata ferocia e una regressione allo “stato selvaggio delle masse”, che diventa un vero e proprio compimento del delirio. Lo strumento con cui il re viene dissacrato e annientato è la ghigliottina: un avvenimento che diventa un vero e proprio “rituale scenografico”; il volto del sovrano appare, al popolo voyeur, mutilato come la maschera di Medusa, uno “sguardo terrificato e terrificante” che incarna l’orrore. Quando i lineamenti del viso perdono la consueta forma espressiva, dice Bataille, l’uomo diventa irriconoscibile si dirige verso la solitudine, verso la morte. Questo atteggiamento deriva dall’archetipo di una patologia del crimine caratterizzata dal cannibalismo e dall’incesto, elemento che legherà il tragico con il mostruoso, e che darà vita a un vero e proprio “teatro delle passioni”, che condurrà a quell’alienazione mentale legata soprattutto ai capovolgimenti politici, come affermato da Jean Étienne Dominique Esquirol. Inoltre, accanto allo strumento del terrore si identificano anche i luoghi, quali possono essere le Carceri. E qui l’autrice richiama il meraviglioso “universo labirintico” di Piranesi che trova una anticipazione nell’opera di Dante, come ci spiega Hugo. Quanto la Rivoluzione abbia influenzato la letteratura, Vanessa Pietrantonio ce lo spiega attraverso questo excursus tra le opere di grandi nomi come Hugo, Baudelaire. Moreau de Tours, Hoffman, Poe, Nodier, Balzac, Manzoni, Flaubert, Proust basandosi, inoltre, su inevitabili rimandi al passato che ci riportano a Giobbe, Shakespeare, al teatro di Eschilo, Lucrezio, l’Apocalisse di Giovanni, Dante, Rabelais e Cervantes. Vediamo, quindi, che la crudeltà si mostra come un tratto essenziale e necessario per l’epoca romantica e che il realismo onirico dell’incubo diventa la manifestazione di queste patologie e di questi deliri diurni; sempre nella cultura romantica, ne è un esempio significativo la figura del vampiro o vukodlak, che ci spiega l’unione tra la passione e il macabro piacere di nutrirsi della persona perduta, “tenerla presente nella sua assenza”, come scrive Fédida. Questa disumanizzazione o deformazione nasce dall’eccessivo uso dell’immaginazione che riporta a galla le “crudeltà del pathos” celate dietro il mistero delle cose.
L’autrice analizza tratti letterari specifici, evocando una conoscenza a priori dei brani trattati per avere una effettiva e totale comprensione del testo, ma non escludendone, al contrario, una comprensione e una curiosità da un punto di vista più ampio e generico. I vari “pensieri” sono così ben delineati da creare un unicum ben definito, nonostante la districata complessità, che rende il volume un elemento prezioso per la definizione di un momento storico che determinò un cambiamento importante nella letteratura europea, e non solo.
Marianna Zito