“Madri”, storie e luoghi raccontati da Marisa Fasanella
Singolari per la feroce sofferenza che intimamente conservano ma simili perché madri, sono le storie di Magda, Piera, Laura, Almira, Rosetta, Clelia, Ester, Lucia e Aziza.
Storie nate dalla penna di Marisa Fasanella che in “Madri” (Castelvecchi Editore, 2021, pp.140, euro 16,50) vengono narrate dalla voce di Lena, piegata dalle asperità che la vita le ha riservato ma custode di storie che il mondo – quello dei “sani” – vorrebbe cancellare. Racconti che Lena non vuole lasciar andare e così li appunta sulla carta con l’inchiostro per non dimenticarli e li conserva nella sua inseparabile borsa rossa, inseparabile come la sua gatta dagli occhi azzurri. I racconti di cui Lena si fa portavoce parlano di vite violate, relegate in case che diventano prigioni, stigmatizzate e condannate da una società che vorrebbe non vederle. E infatti le isola e costringe in luoghi chiusi da muri e cancelli di cui Magda dice “Non li chiamano più manicomi. Lo stesso ci legano le braccia, frugano nelle nostre carni, scavano nelle pupille: siamo merce di scarto”. La casa delle magare, così viene chiamata, è un luogo di contenzione e sofferenza, ma per molte è comunque da preferire rispetto a ciò che hanno lasciato fuori perché “la follia è un cancro, ma non c’è compassione per i folli” e dunque, se l’alternativa è rinchiudersi in casa, nelle stanze e nei sotterranei, allora meglio le cancellate, le urla e il rumore di catenacci.
Marisa Fasanella scrive un libro dal forte impatto emotivo, estremamente attuale che andrebbe letto con la giusta dose di empatia e soprattutto consapevolezza. Consapevolezza che ciò che è scritto su quelle pagine è ancora realtà per molte donne.
Sara Pizzale