“L’uomo col Chihuahua” di Giuseppe Benassi
“Quarantanove. Un’età pericolosa per gli uomini, specie per coloro che erano stati belli da giovani. […] Il nostro sangue passa definitivamente dal bollore al ghiaccio, e l’idea della morte si affaccia come un incubo satanico. […] Il cuore s’indurisce, il pessimismo ti raggela, il cinismo uccide le illusioni. Il corpo non emette più scintille, rimpianti e amarezze e rancori occupano tutto lo spazio.[…] L’ombra dell’autodistruzione rabbuia le speranze. La vita ti volta le spalle”.
In un pomeriggio qualunque, senza aspettative o attrattive – piatto per le sue consuetudini – l’avvocato Borrani riceve nel suo studio Gabriele Fossa, a sua volta accompagnato da un chihuahua particolarmente brutto. Il Fossa è lì per denunciare l’intrusione nella propria dimora di qualcuno che gli sottrae Nutella dal barattolo. Ed è da qui ha inizio il rocambolesco romanzo di Benassi. Romanzo che offre immagini nitide della realtà – fuori dagli schemi del bigottismo – e di relazioni gay nascoste, guidando il lettore, quasi con tono ironico e in veste di voyeur, attraverso le molteplici sfaccettature di questo mondo. È uno spaccato dell’anima, nuda, esposta all’ipocrisia e al potere di chi può e sa come celare le proprie malsane abitudini sotto il velo del silenzio. Fossa è la vittima, in primis dei propri sentimenti. Borrani, che si catapulta su un terreno non consono al proprio, scopre di sé sfaccettature che mai, neanche sotto tortura, ammetterebbe. L’omicidio del Fossa è ciò da cui tutto ha inizio, ma poi è l’uomo il protagonista assoluto del romanzo.
“Quel lungomare verso sud, i bagni con gli ombrelloni in pieno centro, le baiette scogliose, i porticcioli, i giardinetti con le tamerici tante volte dipinte dai macchiaioli, attiravano come calamite gli amanti dell’ozio, i cultori del fancazzismo”.
Giuseppe Benassi nel suo libro “L’uomo col Chihuahua” (Pendragon, 2020, pp. 183, euro 15) descrive i luoghi in modo tale da offrire uno spaccato quasi tangibile della poesia del posto; minuzioso il Benassi in tutte le sue descrizioni, capace di carpirne l’essenza e di saperla trasmettere, in tutta la sua interezza, al lettore. Il linguaggio utilizzato è fresco, moderno, accattivante per la sua ironia che fa affiorare spesso, durante la lettura, un sorriso sornione sul volto di chi, leggendo, vive in prima persona il romanzo, camuffandosi nelle vesti dell’avvocato/detective. I personaggi sono reali, nel bene e nel male e, tranne che per brevi citazioni di sfuggenti figure femminili – come la fidanzata dello stesso avvocato e Marta la segretaria – il romanzo è popolato da uomini, diversi nelle fattispecie caratteriali e fisiche, ma uomini. Un romanzo da leggere con vero piacere.
Marisa Padula