LUMÌA: DIVINA LUCE DI VITA
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.
Eugenio Montale
Una voce profonda irrompe nel silenzio teso che aleggia in sala. Quel tipo di silenzio che risuona d’ansia, di emozione, d’attesa. Tra i versi, si riconoscono carezzevoli parole, di quelle che non si dimenticano mai. È Montale, ci riporta ai ricordi dei nostri anni di scuola, e basta poco per sentirci vicini alla giovane Mia, la protagonista del balletto contemporaneo in atto unico Lumìa dell’Experience Theatre Ballet Company – in scena al Teatro Metropolitan il 13 ottobre – a firma del coreografo Sebastiano Sicilia, a cui chiediamo numi circa l’ispirazione sottesa a questa performance.
“Un sogno che odora di Sicilia”, questo è l’impatto primigenio che si ha osservando la locandina di Lumìa. Quante sfaccettature dell’isola si trovano nel balletto? A quali tra le caratteristiche culturali/emozionali hai scelto di dar voce?
Indubbiamente questo balletto ha una fotografia sicula, una Sicilia del dopoguerra che mette in luce tutti gli aspetti socio-culturali dell’epoca, dove l’emarginazione e il macigno di questa fanciulla ne fanno da protagonista. Ho scelto di dar voce al diario di Mia, ragazza cieca dalla nascita, la quale attraverso gli altri quattro sensi racconta come lei “vede le cose”.
Questo lavoro inedito è frutto di un’alchimia tra studio e sentimento. Le molteplici fonti di ispirazione si percepiscono senza sovrapporsi. Qual è l’elemento che riconduce all’unità tutte queste influenze e le sublima in un unicum?
Senza alcun dubbio la luce, il giallo dei limoni che coronano il diritto e la dignità̀ umana.
Sulla scenografia svetta un meraviglioso albero di limoni sotto e su cui la cara Mia – Martina Guglielmino si appropria dello spazio sul palcoscenico carezzevolmente– trova ristoro e conforto durante le sue giornate. E’ alla sua ombra, infatti, che ascolta l’avvicinarsi del gregge – reso vivido da un scampanio ritmico che le ballerine eseguono con estrema precisione attraverso un campanaccio appeso al collo – e il rumore dei piatti rotti con disperazione della madre Angelina – l’interpretazione di Beatrice Averni è così emozionante da suscitare nel pubblico l’esigenza di applaudire prematuramente – ; è sotto le sue fronde che conosce l’amore di Salvatore – Gaetano Di Noto decodifica il topos del gentleman siculo con grande romanticismo – attraverso l’odore e il frutto del suo lavoro “…prese una fetta di limone, la poggiò sulle mie labbra e mi rubò un bacio, ad ogni assaggio un po’ più di noi”; è accanto al suo fusto che attende l’arrivo del suo amato, sciogliendosi in un abbraccio. E’, infine, accanto all’albero di Lumìa che riacquista la vista, nascendo a nuova vita verso la luce.
Appare evidente come sia importante per il coreografo il contatto con il palcoscenico; ad ogni spettacolo, non è la quarta parete a venir infranta bensì il parquet e lo spettatore sente l’esigenza di alzarsi un po’ sullo schienale per non perdere neanche un frammento della complessa sequenza. Il corpo di ballo – composto da Felicia Bisicchia, Francesca Giangrasso, Gabriella Caruso, Mariagrazia Rapisarda, Alessia Rapisarda – dimostra una grande versatilità e una prestanza atletica non indifferente: i molti collegamenti poco agevoli vengono eseguiti in rapidità e scioltezza, e, a questo proposito, chiediamo al coreografo se tale maestria sia sempre riconosciuta e valutata meritoriamente.
È ormai, quella del danzatore, una figura sempre più presente nel panorama televisivo. Credi che questa trasposizione verso un altro tipo di palcoscenico abbia accresciuto la consapevolezza del pubblico verso questa disciplina?
Da buon tradizionalista, parto dal presupposto che la Danza debba essere fatta in teatro e non in televisione, pertanto credo che i talent abbiano in qualche modo abituato il pubblico a conoscere questa disciplina, ma non sono sufficienti a educare al balletto.
A questo proposito, la compagnia organizza sessioni di prove aperte o masterclass per far accostare in maniera propedeutica il pubblico alla disciplina? Se sì, come sono accolte queste iniziative?
Con la Compagnia cerchiamo di coinvolgere i più̀ giovani e talentosi in sessioni laboratoriali e devo ammettere che queste iniziative sono sempre gradevolmente accolte sia dai direttori delle scuole di danza e che dai genitori, i quali con entusiasmo colgono l’occasione per regalare ai propri figli un momento di grande scambio.
È già trascorso un anno da quando hai intrapreso –insieme a Cristian Cosentino e Daniele Caruso- l’avventura con l’Experience Theatre Ballet in qualità di direttore artistico. Quali erano le tue speranze e quali i traguardi che vorresti conseguire?
In veste di direttore artistico mi auguro che in futuro possa avere ancora la possibilità di creare e continuare questo percorso che ho intrapreso. Da coreografo, sogno di debuttare con un mio nuovo lavoro in uno dei più̀ prestigiosi teatri del mondo l’Opèra Natiònal de Paris: sognare può solo che aiutarmi a realizzarlo.
La danza è da sempre linguaggio universale del cuore. C’è già in programma di portare Lumìa all’estero per far nascere nuove consapevolezze e idee sulla Sicilia?
Momentaneamente non abbiamo in programma di replicare “Lumìa” all’estero, ma non nascondo il fatto che l’idea di portare un lavoro così caratteristico su una terra meravigliosa come la mia Sicilia possa essere stimolante.
Chiara Principato