“Lucilla” – La fiaba di Annet Schaap
“Un’isola che per un pezzetto è attaccata ancora alla terraferma, come un dente traballante a un filo, si chiama penisola. Su questa penisola c’è un faro…”
Inizia così la fiaba di “Lucilla” di Annet Schaap (La Nuova Frontiera Junior, 2019, pp. 357, euro 18), una bambina esile, che non sa né leggere né scrivere ma che ha sulle spalle la responsabilità del faro, in quanto il padre Augustus è alcolizzato e senza una gamba e dunque non più in grado di salire i sessantuno gradini per accendere la fiamma del faro. E così ogni sera, all’imbrunire, la bambina sale sulla torre per illuminare gli scogli contro cui potrebbero imbattersi le navi. Una bambina è pur sempre una bambina e, come tale, non può conoscere il peso delle proprie azioni, tanto che una sera si accorge di aver dimenticato di comprare i zolfanelli che le permettono di accendere il faro. Quella è la sera della burrasca, ma la bambina nonostante l’impeto del vento e della pioggia, attraversa la striscia di terra che la conduce al paese per comprarli.
“Bambina, bambina, bambina del faro, sei forte, come il vento da cui cerchi riparo?”
Ma tutto accade velocemente, il vento le fa volare i zolfanelli e le onde spingono una delle navi dell’Ammiraglio contro gli scogli al buio, perché il faro è spento, facendola colare a picco. Da quel momento, tutta la vita di Lucilla che cerca di restare a galla, dopo la morte della madre Emilia, viene stravolta poiché per ripagare il danno è costretta a trasferirsi nella Casa Nera dove si dice, viva un mostro. I mostri, spesso sono gli adulti, perché crescendo hanno dimenticato quanto si è sensibili da bambini. Da piccoli i propri genitori sono quasi degli idoli da compiacere, ma spesso vengono ignorati o sminuiti, a volte addirittura con stizza, a quel punto il loro cuore viene lacerato, la loro sensibilità calpestata ma riescono a risalire a galla grazie alla loro forza e determinazione, ma avranno perso per sempre la loro gioia ingenua. Come accade a Edward, Pesce che ama così tanto il padre Ammiraglio da sopportare tutte le cattiverie che gli infligge, a causa della sua imperfezione. Erroneamente i genitori proiettano i loro sogni irrealizzati sui figli, dimenticando che questi hanno i loro sogni e le proprie aspettative.
“Io sono mia”
I bambini devono sapere che qualunque sia il loro sogno devono perseguirlo fino in fondo, poiché possiedono la forza della giovinezza e dell’innocenza.
La Schaap, non permette distrazioni durante la sua narrazione, è davvero difficile alzare gli occhi dalle pagine; il linguaggio e il tema, a volte fantastico, racchiudono una profonda morale. Si ritorna bambini, come un flashback nel passato, si arriva ad amare Lucilla e a voler consolare il piccolo Pesce. Un libro davvero adorabile.
Marisa Padula