“Luci Accese” è il nuovo singolo de L’Avvocato dei Santi – L’intervista
Il 24 settembre è uscito “Luci accese”, il nuovo singolo de “L’Avvocato dei Santi”, nome d’arte di Mattia Mari, cantautore e polistrumentista romano. L’artista ha esordito con il singolo “L’erba voglio non esiste” e successivamente pubblicando una versione oscura di “Guardateci tutti” della band La Rappresentante di Lista. Nel 2020 pubblica “Niente da perdere”, brano che entra in finale a Musica da Bere. Abbiamo fatto qualche domande all’artista per saperne di più sulla sua musica.
“Luci accese” è il tuo nuovo singolo, una canzone d’amore poetica, come l’hai creato?
Innanzi tutto grazie, prendo come un complimento il “poetica” e aggiungo che credo sia anche una canzone d’amore un po’ atipica. C’è sì la voglia di tornare ad amare nel senso più stretto del termine, ma anche quella di farlo in maniera più ampia e totalitaria. Un brano nato dalla voglia di musica, prima di tutto, come mio solito, e approdato poi al bisogno di esternare in parole qualcosa per me un po’ difficile da spiegare. Devo ringraziare ancora una volta Cesare Petulicchio dei Bud Spencer Blues Explosion per avermi ispirato con la sua batteria alla scrittura del brano, poi Enrico Lupi (La Rappresentante di Lista) e Carmine Iuvone (Motta, Tosca) per averlo impreziosito con la loro sensibilità, rispettivamente suonando fiati e archi.
L’immagine sulla copertina del singolo immortala il verso del ritornello “resto su una nuvola”?
L’ispirazione arriva sicuramente da lì, ma la nuvola della copertina ci impedisce di vedere cosa succede dietro, se le due mani in secondo piano si toccano o meno, a simboleggiare quel un qualcosa di intangibile, invisibile, che però è riuscito concretamente ad allontanarci fisicamente tutti quanti.
Chi è L’Avvocato dei Santi? Come hai scelto questo nome?
L’Avvocato dei Santi sono io, ovviamente, ed è anche una figura del mondo ecclesiastico che mi ha a dir poco affascinato quando ero ragazzo. È il monicker dato al legale che si occupa delle pratiche di canonizzazione in Vaticano. Pranzava nel ristorante in cui lavoravo da giovanissimo proprio nei pressi della Città del Vaticano, e sia la figura che il soprannome mi affascinarono talmente tanto da farmi dire “se mai avrò un progetto di musica italiana, lo chiamerò così”. Credo rispecchi inoltre il tipo di mondo sonoro che mi contraddistingue.
Sei parte di due delle formazioni italiane più famose all’estero, i Belladonna e i Giuda, quando hai pensato di intraprendere una carriera da solista?
È una cosa che è venuta da sé, e scrivere canzoni è nato come un bisogno. Ero in un momento particolare della mia vita, in cui mi preparavo inevitabilmente ad una grande perdita, e per questo sono cominciate ad uscire delle canzoni. Inizialmente non c’era assolutamente l’idea di farle uscire, ne di portarle dal vivo, ma poi mi sono lasciato convincere, ed eccoci qui.
“L’erba voglio non esiste” è stato il tuo singolo d’esordio, un brano struggente, in cui il “voglio” è protagonista, come, ad esempio nella prima strofa canti “voglio essere cattivo esempio, il libro dei dannati nel bagaglio”, una canzone ribelle verso le convenzioni?
In un certo senso sì. Nel brano c’è la voglia di poter essere tutto ed il contrario di tutto. Il testo nasce dalla prima strofa “Voglio credere in un universo che non cambia mai per sbaglio”…quasi a sperare che niente succeda per caso, che in realtà è proprio l’opposto di ciò che credo. Forse cercavo di ribellarmi addirittura alle mie convenzioni, cercavo di staccarmi dal mio modo di essere ai tempi e analizzarmi da un punto di vista esterno.
Quali sono i tuoi prossimi progetti in studio e dal vivo?
Mi piacerebbe certamente riuscire a far uscire il mio primo disco, ho decisamente bisogno di fare un discorso più ampio, che non sia di singolo in singolo, ma penso questo non sia il momento giusto, né per me, né per quella che potremmo chiamare discografia, oggi. Per quanto riguarda i live, c’è sempre qualcosa in ballo, ma siamo in balia delle normative anti covid, e soprattutto di fronte alla più grave crisi del mondo dello spettacolo e dell’arte dell’intrattenimento che si sia mai vista. Per i progetti emergenti non c’è spazio, né budget, e gli organizzatori di eventi si trovano costretti a puntare su dei cavalli che già corrono alla grande.
Descrivimi la tua musica con tre aggettivi.
Trovo che descrivere la musica a parole sia generalmente molto difficile, e a volte riduttivo, ma al momento mi vengono in mente tre parole: libera, avvolgente, vertiginosa.
Roberta Usardi
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