Lou Mornero: arriva “Grilli”, il primo disco ricco di suggestioni sonore – La recensione
Quando si fa musica e si vogliono incidere dischi è importante trovare il produttore giusto, quello che riesce a connettersi con il cantautore. Succede spesso che il cantautore sia anche produttore, ma quando questo non succede, il risultato del sound finale è frutto di un lavoro che coinvolge le abili mani di qualcuno che ci sa fare e che afferra cosa il cantautore vuole comunicare. Questo è successo a Lou Mornero, cantautore milanese, e il produttore Andrea Mottadelli: il loro incontro è stato l’inizio di un legame creativo e artistico molto importante, iniziato con l’EP omonimo di Lou, pubblicato nel 2017, e proseguito fino a oggi, all’uscita del primo disco lo scorso 22 gennaio per Cabezon Records, dal titolo “Grilli”.
Rispetto al lavoro precedente il suono è evoluto e ha abbracciato l’elettronica, in un’amalgama interessante e funzionale per la voce di Lou Mornero, che in questi otto nuovi brani ha sviluppato il suo stile, che a tratti fa pensare ad atmosfere oniriche. Questo disco punta molto sul suono, che non si perde in liriche superflue, ma punta a evocare immagini col il minimo indispensabile.
Questo succede già dalla title track “Grilli” che accoglie chi ascolta in involucro sonoro che culla per bene prima di arrivare alla parte cantata, che si ripete insieme alla musica come una nenia, arricchendosi piano piano. La ripetizione, non stanca, anzi, ammalia. “La cosa vuota” è invece un brano con sfumature country rock e un suono ruvido della chitarra che si unisce alle percussioni e al testo criptico che vuole sottolineare di come, in ogni situazione “la cosa vuota è in mezzo a noi”.
“Due” è un esempio di brano con un brevissimo testo, essenziale, in cui emerge il legame, quasi la simbiosi, tra due persone: “io non mi sento quando mi assento da te”. “Aquario” invece è un brano in cui non c’è testo e non se ne sente il bisogno, la voce si limita a fare da abbellimento al tutto.
“Happy Birthday Songwriter” ha come ospite Paolo Saporiti. Si tratta di un brano soave e dalla melodia coinvolgente fin dalle prime note; il testo pone domande al songwriter in questione, non c’è un ritornello perché ogni strofa, a suo modo, lo comprende “happy birthday songwriter, quale umore indosserai, per confondere chi sei?”.
“Caro mio” introduce da subito in un’atmosfera cupa, incentivata dai suoni dell’elettronica, così come il testo: “attenderò la fine del mondo per rinchiudermi in un bel Luna Park, ma non conta più la verità”. “Piccolo tormento” invece ha un ritmo coinvolgente, in cui la voce, in alcune parti, ha effetto distorto, forse a indicare la presenza del protagonista citato nel titolo, il piccolo tormento. Ad esso ci si rivolge con rassegnata consapevolezza “mio piccolo tormento farai di me un rimpianto”.
“Ouverture” pur essendo, dal titolo, un’apertura, va a chiudere questo disco, dando un’impronta di psichedelia: “l’istinto è un gioco e lo conosci e per ciò che fu suoni mite un’ouverture”.
Un disco molto interessante, che si ascolta d’un fiato. Le canzoni hanno una personalità che ben si delinea attraverso suoni e parole.
Roberta Usardi
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