L’ordine (sempre e solo) apparente delle cose
“L’ordine apparente delle cose” (Gabriele Capelli Editore, 2024, pp. 168, Euro 18,00) è il romanzo scritto da Lara Fremder, autrice di soggetti e sceneggiature di film che hanno ottenuto numerosi riconoscimenti e sono stati presentati in concorso ai principali Festival di Cinema internazionali.
“Basta poco a Gerusalemme per sentirsi padroni del mondo e del tempo, è sufficiente attraversare una strada o affacciarsi a una finestra. Mi chiamo Rachele Zwillig, sono nata a Gerusalemme, ho quarantuno anni e faccio la guida turistica. A volte mi invento una data, un imperatore mai nato, nomi e date che sfuggono al controllo della storia e della memoria, in fondo piccoli e innocenti attentati alla realtà. Non lo faccio sempre, di mentire. Lo faccio anche con me stessa, me la racconto la vita, nel bene e nel male, la dipingo dei colori che voglio, la riempio di storie di amore e di odio e spesso ci credo.”
Rachele Zwillig, guida turistica figlia di sopravvissuti alla Shoah, beve gin tonic durante Shabbat, non ama definirsi ebrea e soprattutto non vuole che le si dica chi deve essere. Donna libera e intelligente, dalla vita sofferta, Rachele passa le sue giornate a raccontare la Terra Santa agli stranieri, inventando se serve. Rachele è fatta di taciuti e di bugie. Le cose che la sua famiglia non ha avuto il modo o la forza di raccontare, le bugie che lei stessa racconta e si racconta per colmare i buchi, per non sentire il dolore. Quello per una madre che l’ha lasciata troppo presto, un padre troppo assente, per “un albero genealogico con pochissimi nomi, appesi solo su alcuni rami. Un albero che si potrebbe spezzare.” Rachele, che per tutta la vita ha cercato di sfuggire al passato, proverà per la prima volta il bisogno di indagare i segreti che avvolgono la sua famiglia. Seguendo le uniche tracce che restano, un vecchio quadro e il volto di una sconosciuta su una delle fotografie, finirà per fare finalmente i conti con la propria storia.
“Le storie che narrano del passato sono piene di mancanze, sono storie necessarie ma offese.”
Rachele cresce in una famiglia in cui l’affetto è inesprimibile, con ferite così grandi che non lasciano posto per dolcezza o sorrisi. Tutto è trattenuto e controllato. Per Rachele, la famiglia è un insieme pericoloso, a volte benefico, a volte mortale.
“Dopo qualche giorno di grande tormento ogni cosa è tornata al proprio posto esattamente come succede in questa città dopo gli scontri. Si mette tutto in disordine e poi tutto in ordine, un ordine apparente pronto per un nuovo disordine.”
Fremder traccia un parallelo tra l’incertezza/incompletezza di Rachele e quella di Gerusalemme, fino a portarci a comprendere che sono l’una la conseguenza dell’altra, in un luogo in cui le generazioni si trascinano un fardello. La Fremder lo scrive senza mezzi termini: Israele è uno Stato costruito sul dolore, in cui una soluzione è insperabile, il meccanismo difficile da fermare. Ma, altrettanto chiaramente, chiede di uscire dal ruolo di vittima, per chiudere un cerchio. Fremder è figlia di un ebreo polacco scampato allo sterminio.
Israele, e molti di quelli che ci vivono, sono impigliati in un ordine solo apparente. Il caos è tra i pensieri, nelle situazioni tutt’intorno. Una condizione che dura solo un attimo, a volte molto di più, fino a diventare regola. Rachele indossa delle maschere per sopravvivere in una via di mezzo che si crea giorno per giorno, in base alla direzione del vento, agli umori della gente. Questo si riflette anche nel suo lavoro: non è mai la stessa agli occhi dei suoi clienti. Finché non ci fa i conti, vive una vita che non le piace, eppure è l’unica che ha.
“Mi chiamo Rachele Zwillig e sarò la vostra guida. Voglio dirvi da subito che qui non servono mappe e satelliti. Qui è bene perdersi. Perdersi significa non cercare risposte, quindi non fatemi domande se non strettamente necessarie. Non interrompete il vostro smarrimento di fronte ad apparenti certezze. Mantenete il disorientamento, mantenetelo il più possibile perché è questo ciò che ha valore.
E quando avrete la sensazione di esservi ritrovati, guardandovi intorno vivrete un’inevitabile contraddizione: da un lato la realtà oggettiva con tutti I margini di errore, dall’altra la realtà unica, quella che siete voi a cogliere e che varia a seconda del sapere, del vissuto, dello stato emotivo. E ancora non basterà, perché il vostro sentire dipenderà dalle nuvole, dal vento, dall’azzurro del cielo, dalla stagione, dalla luce. Qui nessuno può darvi certezze. Nemmeno io, ovviamente. Qualcuno allora si domanderà: perché mai dovremmo pagare una guida per muoverci tra le mura di questa antica città senza avere alcuna certezza? Non lo so. Il pagamento, non a caso, è anticipato. Seguitemi…”
Laura Franchi