Lo spettacolo “Elia Kazan. Confessione Americana” in prima assoluta alla Biennale Teatro
Dal 14 al 25 settembre torna Biennale Teatro, per il quarto anno di fila sotto la direzione artistica di Antonio Latella, e per il 2020 il tema degli spettacoli in cartellone affronta il tema della censura, sintetizzato dal sottotitolo “Nascondi(no)”. Interessante il programma, che vede molte prime assolute, come il nuovo spettacolo diretto da Pablo Solari sul testo di Matteo Luoni “Elia Kazan. Confessione Americana” andato in scena sabato 19 settembre presso il Teatro Piccolo Arsenale.
“Forse è per questo che, come ho detto a Lee e Harold, volevo fare questo lavoro, il regista. Per rimediare alla banalità di una vita.”
Non si tratta della storia vera di Elia Kazan, ma di una storia che prende ispirazione dalla sua vita, dall’arrivo della sua famiglia negli Stati Uniti, quando lui aveva solo quattro anni, alla sua ascesa professionale, grazie all’incontro con Lee Strasberg e il Group Theatre, che gli permise di studiare e e diventare il famoso regista cinematografico che conosciamo. Elia è una figura cupa e controversa, facile preda delle tentazioni della carne e con l’obiettivo di realizzare il “sogno americano” a cui suo padre Yiorgos aveva dedicato, senza successo, tutta la sua vita, emigrando dalla Grecia.
Elia coronerà questo sogno, ma dovrà fare i conti con la scelta di essersi unito in gioventù al partito comunista, seguendo l’entusiasmo del caro amico Clifford Oates. Molti anni dopo, infatti, Elia, nel pieno della sua brillante carriera, si troverà con le spalle al muro e costretto a scegliere se confessare i nomi dei vecchi compagni comunisti o tacere, compromettendo così irrevocabilmente la sua carriera. Una semplice confessione lo stava separando dal suo ambitissimo “sogno americano”. Quanto è grande l’urgenza di dire la verità, nonostante in questo caso porti a macchiarsi di tradimento? È meglio restare fedeli a vecchie promesse o è meglio tradirle per salvarsi? Quali saranno le conseguenze di questa scelta? Un dilemma che Elia si pone, o almeno, che in questa storia viene alla luce. Come andrà a finire lo sappiamo tutti, e ce lo ricorda benissimo il titolo.
In scena cinque attori, tutti interpreti di più ruoli: un eccellente Woody Neri nei panni di Elia Kazan e del padre Yiorgos, Valeria Perdonò, perfetta nel doppio ruolo di Molly, la moglie di Elia e di Eileen, la segretaria di Elia quando diventa regista a Hollywood; un ottimo Luca Mammoli nei ruoli di Tennessee Williams, Lee Strasberg e Spyros Skouras, direttore della 20th Century Fox. Questi tre attori, affiatatissimi, avevano già lavorato insieme diretti da Pablo Solari in un altro spettacolo e qui riconfermano la loro grandissima sintonia. Ad aggiungersi a loro Carlo Amleto Giammusso, che, oltre a suonare e cantare dal vivo la colonna sonora, dà un prezioso tocco di ironia nei ruoli di Pedro, amante di Tennesse Williams, Harold Clurman, collaboratore di Strasberg, e Clifford Oates, amico di Elia. Infine Irene Maiorino, che veste i panni di Marilyn Monroe e Barbara Loden, entrambe amanti del protagonista, capaci di far venire a galla la sua parte più debole.
La regia di Pablo Solari, sfruttando al meglio le regole imposte per la sicurezza, comporta che gli attori si rivolgano quasi sempre, ad ogni battuta, al pubblico, che si trova così a essere il riflesso del vero interlocutore presente in scena. Una mossa molto interessante che mira a un rapporto molto più profondo tra attori e spettatori. Il bel testo di Matteo Luoni si concentra su Elia, che è anche il narratore oltre a essere il protagonista, e che più volte rivela (sempre e solo al pubblico) i suoi veri pensieri, spesso in contraddizione con le sua azioni, in particolare nel suo rapporto con Molly.
Nel complesso uno spettacolo ben riuscito, con la garanzia di poter diventare e crescere, replica dopo replica, sempre più forte. Applausi più che meritati.
Roberta Usardi
Fotografia di Nicolò Degl’Incerti Tocci
https://www.labiennale.org/it/teatro/2020