“L’inferno degli angeli. Quando ad abusare è lei” di Giovanna Frezza
Uscito nella collana Psyco-Logica a cura dell’editore romanzo Elemento 115, “L’inferno degli angeli”, della psicologa e sessuologa napoletana Giovanna Frezza. L’assunto del saggio della dottoressa Frezza è chiaro e diretto: riportare l’attenzione sugli abusi sessuali commessi sui minori da parte delle donne. La pedofilia, infatti, viene considerata spesso, nell’immaginario comune, come un crimine di pertinenza dei soli individui di genere maschile. La realtà dei fatti dimostra, invece, come siano molti gli abusi perpetrati ai danni dei minori da parte delle figure femminili.
Per l’autrice, è proprio la concezione comune della figura femminile, nelle vesti di estrema custode della nostra fiducia, a non farci aprire gli occhi sui loro abusi. “La pedofilia femminile può assumere diversi volti, non solo di madre incestuosa, ma anche di maestra deviata, di turista indebitamente curiosa, di compagna di giochi pretenziosa”. Lo studio della Frezza tenta allora di ricostruire e descrivere la storia e lo sviluppo della pedofilia, descrivendone i casi tipici di abuso e infine proponendo un percorso, prima di riconoscimento dell’abuso, poi di recupero dell’abusato e dell’abusante.
La pedofilia (etimologicamente: “amore per i fanciulli”) è presente sin dall’antichità, sebbene in termini e forme accettate ma con dei limiti sociali, pensiamo ad esempio alla pederastia nella Grecia antica, in cui l’educatore più anziano aveva il compito di contribuire alla formazione culturale del giovane amato, il quale offriva le sue grazie in cambio delle sue grazie. “L’amore pederastico”, ci dice la Frezza, “era però vincolato da leggi molto rigide: innanzitutto il fanciullo doveva avere un’età inferiore ai 12 anni; il rapporto non comprendeva mai la penetrazione; i rapporti anali e orali erano assolutamente banditi. I trasgressori di tali leggi venivano severamente puniti, in alcuni casi era prevista la perdita del diritto di cittadinanza”. Nella Roma antica i fanciulli vedevano cambiato il loro destino nell’essere pueres serviles, ossia nel soddisfare i desideri degli adulti, avendo un ruolo passivo. Per avere una concezione di diritto, i bambini devono aspettare il 1793, anno in cui la Costituzione francese proclamò i Diritti dei bambini, ma ancora la strada è lunga, e bisogna aspettare il Novecento per una concezione più umana: al 1925 risale la Dichiarazione dei Diritti dei Minori, nel 1959 la Carta dei Diritti del Fanciullo, e ancora negli anni 200° per tutelare il minore attraverso l’allontanamento dell’imputato di violenze nelle relazioni famigliari. Dal punto di vista medico, come viene catalogata la pedofilia? Il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), adottato perlopiù dalla psichiatria, sebbene non da tutti gli specialisti e con molte polemiche, definisce la pedofilia nell’ambito delle parafilie: “attaccamento morboso a forme anormali o socialmente riprovevoli di soddisfazione dell’istinto, specie quello sessuale”.
Sorvolando per ovvi motivi in questa sede sulla storia delle definizioni e dei processi storici che hanno portato alla classificazione della malattia, diamo ora uno sguardo veloce sui tipi di pedofilia femminile, avvertiti come sempre dall’autrice del saggio, di come risulti ancora complicato tracciare un quadro esaustivo della pedofilia al femminile. Pedofilia femminile intrafamiliare ed extrafamiliare sono le prime distinzioni alle quali si può venire a capo: la prima, quella incestuosa, “è molto difficile da identificare e scoprire proprio perché celata spesso dietro gesti di cura abituali e sublimata in pratiche di innamoramento o di accudimento. Dato che alla madre viene riconosciuta una sorta di autorizzazione ad avere un contatto con il corpo del figlio, l’abuso che ella agisce sul corpo del bambino sarà riconoscibile solo in adolescenza. Dall’anamnesi di pazienti maschi, frequentemente emergono madri che continuano a fare il bagno a figli adolescenti o che spingono, in assenza del padre, il figlio ormai adulto a dormire nel letto matrimoniale. L’abuso può manifestarsi attraverso manipolazioni di tipo masturbatorio, e può arrivare a un rapporto sessuale completo tra madre e figlio”. Tutto ciò avrà ripercussioni negative sulla psiche del bambino, considerando anche quanto la violenza materna sia connotata da confidence power, ossia da una strategia seduttiva che imprigiona il minore sfruttando i propri sentimenti naturali di fiducia. La pedofilia extrafamigliare presenta caratteristiche differenti, “connotata da un marcato desiderio egoista di potere, dominio e piacere, spesso si dirige verso bambini e adolescenti assumendo forme di pedofilia mercenaria e violenta. Generalmente è legata al turismo sessuale, ma altre volte sono luoghi familiari per la piccola vittima, come la scuola, i luoghi creativi, la casa di qualche amichetto”.
Ma dunque, chi è la donna pedofila? Giovanna Frezza ne delinea un possibile identikit, seguendo la strada dei pochi studi a riguardo, sottolineando le caratteristiche spesso violente ma anche latenti di chi riconosce la propria “diversità” senza metterle in atto, frenata dalle norme sociali; e ancora dalla pedofila occasionale a quella dalla personalità immatura, a quella regressiva a quella sadico-aggressiva a quella omosessuale. Giovanna Frezza ne descrive accuratamente le dinamiche, nascita e sviluppo di una ossessione che, come ripete spesso per tutto il volume, nascosta dal ruolo condiviso che la donna-madre ha nella nostra società, viene spesso dimenticata, rimossa volontariamente, lasciando così uno spazio pericolosamente vuoto di studi che ha necessario bisogno d’essere riempito. “L’inferno degli angeli” tenta di ricapitolare gli studi sul tema fino a oggi realizzati, fingendo da sunto e partenza per una sensibilizzazione a un argomento che riguarda tutti noi, anche se non personalmente coinvolti.
Giovanni Canadè