“L’importanza di chiamarsi Ernesto” torna con successo al Teatro Elfo Puccini
“Eeeeeeeernest! Eeeeeeeeeeeeeeeeernest!”
Mi raccomando, pronunciare all’inglese focalizzandosi bene sulla vocale iniziale, è semplice e soprattutto si sentirà subito la musicalità di questo nome, “Ernest”, che puó solo incutere fiducia, rispettabilità, onore e ogni possibile ulteriore qualità maschile che ogni donna vorrebbe trovare nella propria anima gemella. In italiano c’è assonanza tra “Ernesto” e “onesto”, ma in inglese è molto più immediata “Ernest” con “earnest” differisce solo di una vocale, ma la pronuncia è uguale e l’aggettivo inglese viene sovrapposto al nome proprio: “serio, coscienzioso, sincero, giudizioso”. Quale donna non vorrebbe un uomo “earnest”, in ogni epoca, considerando quello che si trova in giro? Anche se basarsi sulle garanzie di un nome sarebbe forse fin troppo facile… e così insegna il grande Wilde.
Una commedia famosissima incentrata proprio sul nome, sulle apparenze, sulla società inglese di un tempo, in cui l’amore era qulacosa che poteva abbinarsi agevolmente ad altro, ma che col sentimento poco aveva a che fare. Oscar Wilde ancora oggi stupisce e colpisce attraverso la risata e attraverso il tema dell’apparire, che se coincide con l’essere è puramente casuale.
“La verità raramente è pura e non è mai semplice.”
La storia inizia a casa di Algie (un irresistibile Riccardo Buffonini) all’ora del tè, in compagnia dell’amico Ernest (Giuseppe Lanino, delizioso) nell’attesa che arrivino la zia di Algie, Augusta (Elena Ghiaurov, ruggente e incisiva) e la figlia Gwendoline (Elena Russo Arman, frizzante) innamorata di Ernest e ricambiata. I due donzelli peró nascondono un segreto, che permette loro di evadere dalla città e rifugiarsi in campagna, lontano dalle chiacchiere e liberi di godersi altri piaceri. Algie ha la scusa di un amico immaginario dalla salute molto cagionevole per potersi defilare da impegni poco allettanti e Ernest, che fuori città si chiama Jack, custodisce invece la pupilla Cecily (Camilla Violante Scheller, mordente) nella sua casa di campagna, facendole involontariamente sognare sulla figura del suo scapestrato fratello Ernest.
Inutile svelare altro, ma Wilde provvederà a sistemare tutto passando attraverso malintesi, identità molteplici e tante risate di gusto che vanno a prendere in giro la società, le sue regole e quanto l’apparenza a volte può compromettere la riuscita di un’impresa.
“L’ignoranza è come un delicato frutto esotico: se lo tocchi la sua freschezza se ne va.”
Bravissimo tutto il cast, oltre ai già citati, sono da menzionare le riuscite e divertentissime interpretazioni di Nicola Stravalaci nelle vesti di ben due maggiordomi, Lane e Merriman, sempre pronti a entrare al momento “giusto”, Luca Toracca nei panni del reverendo Chasuble e Cinzia Spanó a interpretare Miss Prism. Bellissimi e coloratissimi i costumi e lodevole la regia dell’affiatato duo Bruni/Frongia.
Uno spettacolo che debuttò nel 2017 con grande successo e che riconferma applausi e pienone anche in questa stagione. Da non perdere! Per chi non sapesse ancora come festeggiare l’arrivo dell’anno nuovo, “L’importanza di chiamarsi Ernesto” sarà in scena anche il 31 dicembre con l’ultima scoppiettante replica.
Roberta Usardi
Foto di Laila Pozzo