L’importanza del mangiare nella società e nei pazienti disfagici
Antonio Amitrano, docente universitario ed esperto dei disturbi della deglutizione e del linguaggio, è un logopedista ma anche pedagogista e counselor professionale. Già autore di numerose pubblicazioni scientifiche, nel suo “Disfagia e alimentazione. Il pasto del paziente con disturbi di deglutizione” (Carocci, 2021, pp. 206, euro 20) vuole rendere ai lettori un trattato esaustivo e puntuale sulla difficoltà di deglutizione, gli esami diagnostici a disposizione e i possibili trattamenti.
La disfagia, termine usato per descrivere un disturbo nel mangiare, che si manifesta con la difficoltà a deglutire alimenti solidi o liquidi, è un sintomo presente, con diversi livelli di gravità, nei soggetti con malattie neurologiche e non solo. Particolarmente interessata da questa disfunzione è la popolazione adulta e anziana per cui, la lettura di questo libro – accompagnata dal giusto iter formativo – è consigliata al personale che si relaziona quotidianamente con questo target di utenti. Le conseguenze della disfagia, dalle meno complicate alle più nefaste, prevedono un metodo di somministrazione degli alimenti che sia congruo allo stato di salute del soggetto, non dimenticando che il momento del pasto riveste un ruolo sociale importante per la nostra cultura. È proprio su quest’ultima considerazione – ovvero l’importanza del pasto come momento di convivialità e condivisione – che si apre il libro, analizzando le diverse abitudini tra le persone, sia nel corso nel tempo sia nei diversi posti del mondo.
Particolarmente ricca di note storiche e riflessioni di natura sociologica, la prima parte del libro è utile a comprendere quanto l’alimentazione sia influenzata dagli aspetti culturali della nostra società. La seconda parte del libro invece, ha un’impronta prettamente scientifica. L’autore infatti, fa una disanima sulla disfagia, soffermandosi sulle varie forme, sui segni più comuni con cui si manifesta e le conseguenze cliniche e psicosociali, non tralasciando i numeri di questo sintomo nella popolazione, specialmente tra le persone in età avanzata che si trovano in strutture residenziali e ospedali. Appurata la complessità del problema è noto come il paziente disfagico necessiti di un’équipe multidisciplinare che operi – ciascun professionista secondo le proprie abilità e competenze – durante la fase di valutazione, rieducazione e gestione ordinaria. Non meno, durante l’intero percorso, assumono un ruolo chiave i caregiver e quanti si occupano della preparazione e somministrazione del pasto che, considerata la loro posizione, devono essere adeguatamente formati. Tra i professionisti coinvolti, ha un ruolo centrale il logopedista che affianca il paziente sin dalla presa in carico e lo segue per tutta la durata della fase acuta, sub-acuta, riabilitativa e domiciliare, assicurandosi, fra le altre cose, un corretto allestimento del setting che preveda strumenti e ausili adeguati, l’eliminazione dei fattori di distrazione e la corretta applicazione delle Linee guida nazionali. È competenza del logopedista valutare la capacità di deglutizione del paziente- compresa quella effettuata durante l’osservazione del pasto – e delineare i meccanismi disfunzionali, scegliendo fra i trattamenti possibili i più adeguati per l’utente. Alla valutazione e al trattamento sono dedicati due capitoli del libro, arricchiti da schemi e immagini esemplificative, utili alla comprensione mentre, l’ultima parte del volume si concentra di nuovo sull’importanza del pasto ma questa volta in maniera specifica per le persone con disfagia.
Fatto salvo che mangiare incide sulla qualità di vita delle persone, il Professor Amitrano ha voluto chiarire quali sono, per le persone con difficoltà di deglutizione, i fattori che rendono il pasto un momento sicuro perché, se è vero che esistono delle difficoltà evidenti che spesso portano il paziente a isolarsi e a sentirsi a disagio nel condividere questo momento con altri commensali, è anche vero che in loro permane il desiderio di mangiare, non tanto per nutrirsi quanto per il piacere di farlo. In quest’ottica, l’autore ha voluto parlare di alimentazione palliativa che assicura la nutrizione, per via enterale o parenterale, a quanti hanno una grave disfagia o si trovano in stadi terminali di malattie, comprese i tumori. Poiché i cibi proposti in questi casi devono intercettare i desideri del paziente, qualora quest’ultimo dovesse presentare un qualche tipo di disabilità comunicativa, sta nell’abilità del professionista che vi si rapporta, nel mettere in campo strategie utili a favorire la comunicazione, avvalendosi ad esempio della comunicazione aumentativa alternativa (CAA).
Il libro, destinato senz’altro agli “addetti ai lavori” – siano essi afferenti all’area medica che sanitaria – è scritto in maniera rigorosa ma chiara, tanto da risultare di facile comprensione anche a un’utenza con meno competenze in merito, come i caregiver e quanti si occupano, per ragioni lavorative o personali, di soggetti disfagici. I richiami bibliografici posti a fine di ogni capitolo, rappresentano un ulteriore arricchimento di questo volume che, oltre a informare, aiuta a rispolverare il valore del pasto, non solo dal punto di vista nutrizionale ma anche e soprattutto come momento dall’alto valore sociale.
Sara Pizzale