“L’esordiente innamorato” di Mario Ajazzi Mancini
“L’esordiente innamorato” (Castelvecchi, pp. 102, euro 15) di Mario Ajazzi Mancini non può essere considerato un racconto e neppure un romanzo. È una continua e crescente riflessione interiore, una sorta di diario verbale.
Thomas, il protagonista, trova l’alibi perfetto analizzando nel dettaglio e interloquendo con il suo amico Piero, tutte le storie d’amore vissute nel corso della sua vita, con diverse tipologie di amanti o di passioni, che non hanno potuto dargli, lasciargli o più opportunamente, riempirgli dentro. Sì, riempire… perché in realtà il rievocare e l’analizzare i suoi amori passati, non potrà mai riempire il vero vuoto interiore dovuto a una forma di apatia, di depressione e di noia che rappresenta l’essenza reale del suo “io”. Lo capirà in modo inaspettato e soltanto nelle ultime pagine, con l’accettazione di sé che arriva improvvisa, inaspettata ma per fortuna gradita.
Mario Ajazzi Mancini, in questo romanzo, ripercorre la vita del protagonista tracciando i ricordi confusi e spesso privi di carica emotiva (pur trattandosi di sentimenti), con una scrittura a tratti troppo razionale, difficile e formale che contrasta con la natura dell’argomento trattato e che rende la lettura in alcuni punti involuta.
Micaela Caldonazzo