L’emancipazione femminile e i diritti delle donne a suon di rock – Intervista a Etta
Inquieta e irriverente, Etta utilizza il rock per veicolare messaggi che il più delle volte denunciano criticità, soprusi e violenze subite da donne; sul palco del Primo Maggio lancia degli assorbenti per stimolare una riflessione sulla condizione della donna nel lavoro; i suoi testi parlano di emancipazione, malessere psicologico, discriminazione, ma soprattutto di quanto ancora sia difficile essere donne emancipate e indipendenti. Etta, in questi mesi, sta pubblicando una serie di singoli che anticipano il concept album in uscita il prossimo 3 maggio. L’8 marzo è uscito il singolo “Pornostar”, seguito, il 22 marzo, da “Game Over”, entrambi disponibili su store e piattaforme digitali.
L’abbiamo incontrata e con lei abbiamo parlato di donne, emancipazione e molto altro.
Buongiorno Etta, “Pornostar” è il tuo nuovo singolo che parla di emancipazione femminile. Che cosa significa per te essere una donna emancipata?
Essere semplicemente un essere umano, non più categorizzato, la libertà di essere se stessi a pieno senza doversi censurare o ancora senza dover aver paura. Una donna sarà davvero emancipata quando “essere donna” non sarà più una condizione ma solo un sostantivo.
Il brano è prodotto da V_Rus, come e quando è nata questa collaborazione?
Più che una collaborazione, la nostra è una coalizione (ride). Grazie a lui ho deciso di fare della musica la mia vita, è stata la prima persona che ha creduto in me. Abbiamo iniziato a collaborare nel 2018, ma la vera svolta c’è stata nel 2021, quando ho iniziato a fare rock. Da allora siamo quasi un’unica persona, ci capiamo perfettamente e lavoriamo alla velocità della luce.
Descrivi “Pornostar” con tre aggettivi.
Provocatoria, impertinente e ribelle.
Discriminazione, gender gap e diritti delle donne sono solo alcuni dei temi che tratti nei tuoi brani; hai vissuto esperienze, in prima persona, che ti hanno spinto a riflettere e a far riflettere su questi argomenti?
Essendo già una donna, in quanto tale, sono stata spesso discriminata dalla società: anche il mio ambiente lavorativo è purtroppo permeato da maschilismo e maschilisti, e nonostante la musica per me sia una cosa così pura, spesso è anche tanto marcia. Poi sono una persona estremamente sensibile, e questo mi porta ad immedesimarmi molto negli altri, sento di avere il compito di denunciare e di aiutare tutti coloro che non hanno voce.
Ti è capitato di essere discriminata, in quanto donna, in ambito musicale?
Certo. Soprattutto dagli ascoltatori. C’è un qualcosa radicato profondamente nella nostra cultura che fa sì che i riconoscimenti per l’uomo siano sempre più naturali rispetto quelli per una donna. La donna per affermarsi deve sempre sgomitare, e non poco, e al primo errore viene spesso denigrata, mentre l’uomo, se sbaglia, è solo fragile. Questo atteggiamento non riguarda solo gli uomini, purtroppo riguarda noi tutti, anzi spesso le donne sono più maschiliste degli stessi uomini.
A maggio esce il tuo nuovo album, vuoi darci qualche piccola anticipazione?
L’album che uscirà sarà uno spaccato del mondo in cui stiamo vivendo, porterà alla luce tante tematiche scomode, ma soprattutto ha il compito di farci riflettere. Spero di aiutare le nuove generazioni a ritrovarsi in una musica autentica e di propaganda, spero che possano ritrovare la speranza di un mondo migliore.
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