“L’Elogio del caos” di Francesca Biasone
“Si va avanti, perché è un obbligo farlo. Nel percorso pensiamo di crescere e cresciamo davvero perché acquisiamo le esperienze di cui dovremmo fare tesoro, che dovrebbero man mano impedirci di ripetere gli errori commessi. Pensiamo che acquisire conoscenza e cultura ci arricchisca, e forse questo vale per l’intelletto, ma non vale per i sentimenti. Penso che certi pezzi di cuore non torneranno mai ad appartenerci. Continueranno a pulsare dove li abbiamo perduti, mentre noi andremo avanti senza.”
Lo spazio e il tempo
Tutti siamo stati ragazzi, molti di noi negli anni in cui è ambientato il romanzo – 2001/2002 – vedevamo nell’università la meta ambita, soprattutto se provenienti da realtà di paese; come Flavia originaria di un paesino della Puglia e Bea di Matera: perché era sinonimo di libertà, significava spogliarsi dalle maldicenze, dal bigottismo delle perpetue, dai limiti che imponevano i genitori timorosi dalla nostra febbre nel voler bruciare le tappe. Più le restrizioni erano state drastiche a casa, più l’inibizione subentrava in ritardo, a volte con esito fatale quando ci si doveva autogestire.
La storia e i personaggi
Flavia è una secchiona, fidanzata con Lorenzo, un bravo ragazzo, troppo bravo e serio per dare emozioni. Bea, Livia le amiche del cuore, conosciute in convitto il primo anno, ognuna con una storia d’amore, di dolore, di abitudine … forse. Amici tanti e di diverse tipologie, con cui si organizzano serate a base di alcolici, sembra quasi che siano serate a base di shot, droghe e musica a palla. Apparentemente sembrerebbero male assortiti, ma lo stordimento provocato dalle dosi esagerate di alcol rende un po’ tutti complici di godere di quella perdita di razionalità, al punto di diventare un gruppo affiatato nella ricerca serale di quella sorta di stordimento collettivo, ognuno per affogare i propri drammi in quei bicchierini di troppo. Matteo è diverso, più grande, bellissimo con gli occhi che celano un dramma e Flavia, che inizialmente non lo ascolta nemmeno, alla fine se ne ritrova perdutamente innamorata; ma anche lui la ama, troppo forse, e a sua differenza glielo dimostra glielo dice continuamente.
Spesso nella vita, ci soffermiamo a domandare a noi stessi cosa sarebbe accaduto se davanti a un bivio avessimo fatto una scelta diversa da quella intrapresa; a volte, tutti, non siamo stati vigili a capire quando era il momento giusto per compiere un’azione o per dire le parole giuste che avrebbero cambiato quello che poi è stato il nostro destino. Pensare che tutto ci è dovuto, che il mondo gira intorno a noi quando viviamo un momento favorevole, sono questi gli errori che hanno determinato la storia che ognuno di noi, soddisfatto o meno si trascina dietro.
L’autrice
“L’Elogio del caos” di Francesca Biasone (Bookabook, pp. 235, euro 15) narra la storia di vite distrutte dalle scelte sbagliate. Il linguaggio è triste, carico di rimpianto, i personaggi sono vivi, rendendo il lettore partecipe, facendolo immedesimare, facendolo soffrire quando Flavia comprende l’enormità degli errori commessi, quando capisce di aver perso tutto a causa della sua leggerezza. Quando si ama davvero si soffre e spesso ci si annienta quando l’amore vero si perde, soprattutto se è stato sottovalutato e non coltivato. Il caos è un elemento costante, in tutte le sue sfaccettature, anche nel finale. Sembra quasi di vederli accaldati, sdraiati scompostamente sulle poltrone, scarmigliati, con le pupille dilatate frenetici oppure rapiti da un coma etilico e inermi davanti allo sgretolarsi della loro esistenza.
Il romanzo è un’ode all’amore che è sacrificio, gioia, calore, perdita, annientamento. L’amore è in ognuno di noi che amiamo rischiare e che a volte ne paghiamo le spese, amore è continuare a rivivere momenti passati che mai più torneranno, lasciando trascorrere il tempo prezioso e l’opportunità di innamorarsi ancora.
Marisa Padula